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domenica 1 aprile 2012

il cavaliere oscuro e la filosofia

Il volume Batman and Philosophy è probabilmente uno dei migliori della serie Pop Colture and Philosophy che io abbia letto, sia probabilmente per una mia personalissima predilezione per questa creazione fumettistica, sia però anche per una innegabile affinità tra il Cavaliere Oscuro e le sue storie e alcune tematiche e tonalità emotive tipicamente filosofiche.
Nella prima parte del testo gli autori si interrogano sul quesito se il Cavaliere Oscuro agisca sempre bene. Perché, ad esempio, Batman non uccide il Joker? “Lasci morire tante persone perché non ne uccidi una?”, chiedono Jason Todd e Hush a Batman. L’argomento in favore dell’uccisione del Joker sarebbe tipicamente utilitarista, ma i supereroi in genere non sono utilitaristici. Come si può essere sicuri che ucciderà ancora, e quindi che si stanno salvando delle vite? Sarebbe lecita una sorta di pre-punizione come quella narrata nelle vicende di Rapporto di minoranza da Philip K. Dick. Altre possibili questioni poste sono se sia giusto o meno formare e addestrare un Robin, se l'odio di Batman verso i cattivi possa essere definito virtuoso – egli si preoccupa che possa piacergli troppo, procurargli soddisfazione personale e gioia, anche se al contempo lo porta a sacrificare cose essenziali alla felicità della vita.
Gli interventi della seconda parte sono incentrati sul rapporto tra legge, giustizia e ordine sociale. Nell'arco narrativo di No Man's Land (Terra di nessuno) – che segue Contagio e Cataclisma , in cui la situazione sembra quella dello stato di natura descritto da Hobbes, si mette in luce come il principale nemico di Batman sia il caos, l’anarchia, come egli si presenti quale il difensore dell’ordine sociale. Egli è anche, però, il simbolo della giustizia e dell’ordine al di là dei diritti e della legge, contro il monopolio dello Stato, quale detentore dell'autorità e della legge, dell’uso legittimo della violenza: ne Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller si afferma esplicitamente che “Un uomo è sorto per mostrarci che il potere è, ed è sempre stato, nelle nostre mani. Siamo sotto assedio – Ci sta mostrando che possiamo resistere”.
Nella terza parte del volume si affrontano i temi etici che stanno alla base delle origini del crociato incappucciato. Ad esempio, la promessa che è a fondamento delle origini di Batman, la missione assunta sui cadaveri dei propri genitori, fa sì che il suo desiderio non sia semplice vendetta, che sia meno personale, e lo porta, invece, ad assumere un ruolo analogo a quello svolto dal padre come medico, il tutto per assicurare un’eredità alle vite dei suoi genitori: il Cavaliere Oscuro non prova solo a distruggere le forze malvagie di Gotham, ma anche a costruire qualcosa, e questo scopo costruttivo lo distingue da altri eroi come il Punitore o Rorschach
Nella quarta sezione, invece, la domanda è sull'identità di Batman, interrogandosi ad esempio sulla decisione consapevole da parte di Bruce Wayne di creare l’identità di Batman, nata dall'incontro tra Bruce e il pipistrello e dalla scelta di abbracciarlo, che ricorda un po' la parabola del pastore e del serpente nello Zarathustra di Nietzsche,  oppure chiedendosi se Batman avrebbe potuto essere il Joker.
La quinta parte presenta un tono esistenzialista, affrontando i temi della morte, dell'angoscia e della libertà. Viene analizzato, ad esempio, il senso di colpa per la morte dei genitori provato da Bruce. Sentito come soffocante, esso inizialmente dischiude ad un livello fondamentale dell’esistenza come colpa dell’essere, a un senso di nullità. Questa fragilità ha però il potere di trasformare la vita: la colpa si trasforma da semplice biasimo a comprensione che ognuno è colpevole perché deve prendere una posizione e dare testimonianza su chi è e come vive. Scegliendo di liberare se stesso dalla tipica risposta alla sua personale tragedia, cioè rabbia cieca e vendetta, Bruce interpreta l’evento della morte dei propri genitori come un richiamo a ribellarsi contro una vita di vittimizzazione, commiserazione e cinismo. Così facendo Bruce redime una tragedia senza senso affrontando l’insensatezza della violenza in sé, così la colpa che inizialmente lo aveva condannato diventa un richiamo ad essere se stessi, e così Batman diventa l’autentica coscienza di Bruce, accettando che essere è essere ansiosi su chi si è.
Nella sesta ed ultima parte, infine, il tema è quello dei molti ruoli dell'Uomo Pipistrello. Si affronta il tema della natura dell'amicizia analizzando il rapporto tra il Cavaliere Oscuro e Superman. Superman e Batman sono amici, ma danno all’amicizia l’un per l’altro un diverso significato, poiché il primo ne ha un concetto che sembrerebbe ripreso da Aristotele (amicizia come rapporto tra due eguali, tra due uomini buoni che si amano puramente e semplicemente per quello che sono, per i rispettivi caratteri, spingendosi a migliorarsi  senza false adulazioni: se venisse il momento, Superman sa che Batman sarebbe l’unico ad usare volontariamente l’anello di kryptonite contro di lui, e questo anello è allora una testimonianza di questo aspetto dell’amicizia, che serve a mantenere Superman buono), mentre il secondo una visione più simile a quella nietzschiana fondata sul rispetto dovuto a un rivale, e considerando Superman un suo pari ma in quanto a potenza, ammirando in lui un monumento vivente di ciò che l’uomo potrebbe essere, ma a cui deve insegnare (e la lotta è il terreno migliore) a non credere alla propria invulnerabilità, a non essere arrogante, impartendogli la lezione imparata dall’assassino dei suoi genitori.

martedì 24 gennaio 2012

morfogenesi della violenza

In Gangs of New York Martin Scorsese ribadisce la sua visione cupa e pessimistica della natura umana, cogliendo in essa latente una violenza ineliminabile, una componente di brutalità ferina. In Gangs of New York non soltanto la violenza è incancellabile, essa è anche produttiva. La violenza è fattore morfogenetico, creatore di nuove forme: crea, conferisce ordine, determina equilibri. È una regola inflessibile, riguardante le modalità di costituzione e di funzionamento degli Stati: a fondamento della società persiste ciò che ne è all’origine, vale a dire l’istituzionalizzazione della forza. Il mondo “pacifico” nel quale crediamo di vivere, è in realtà un mondo che si regge e si alimenta sulla base di una concentrazione monopolistica della violenza, non sulla sua estinzione.

(da Umberto Curi, Un filosofo al cinema)

Visto tra ieri e oggi in classe, tra la guerra d'indipendenza americana e la nascita degli Stati Uniti da una parte e la filosofia politica di Hobbes dall'altra, mi sembra che ci stava bene.


domenica 17 luglio 2011

tutti contro tutti

«Durante il tempo nel quale gli uomini vivono senza un potere comune, capace di tenerli tutti in soggezione, essi vivono in quella condizione che è chiamata guerra: e si tratta di una guerra di ognuno contro ogni altro uomo [bellum omnium contra omnes]. Poiché la guerra non consiste soltanto nella battaglia o nel fatto di combattere, ma in tutto quel periodo di tempo durante il quale la volontà di combattere sia sufficientemente nota. Per questo tutto ciò che è conseguenza dello stato di guerra, nel quale ogni uomo è nemico di ogni altro uomo, è anche conseguenza della condizione nella quale gli uomini vivono senza altra sicurezza che quella che la loro stessa forza e la loro stessa abilità sono in grado di procurargli».
(Thomas Hobbes, Leviatano)

E questa guerra la vince il verme più forte e astuto, come nella sequenza introduttiva del videogioco Worms 2 ...
...o il topo con la pistola più grande, come nell'episodio di Grattachecca e Fichetto in cui il gatto e il topo animati preferiti dai figli Simpson si sfidano con armi sempre più grandi fino all'inevitabile sconfitta del gatto che finisce lanciato direttamente sul sole.

lunedì 16 maggio 2011

la volta della purezza

Nel terzo capitolo della saga Doomwar – negli USA Doomwar 3 (giugno 2010, in Italia su Fantastici Quattro 316 (febbraio 2011) – il Dottor Destino, forse la persona più corrotta del pianeta – almeno secondo Pantera Nera –, riesce a superare la prova che il re del Wakanda aveva predisposto come misura di sicurezza per proteggere il deposito di prezioso vibranio: la volta della purezza, una sorta di macchina della verità psico-spirituale in grado di sondare le parti più recondite dell'inconscio senza possibilità di inganno, costringendo una persona a rivelare la sua vera natura, per impedire l'accesso a chi mostri anche la minima traccia di frode, il minimo accenno di doppiezza, il minimo intento malvagio.
Sguarnito, nudo, disarmato, Victor Von Doom si rimette al giudizio di Bast dio felino dell'Egitto e dio pantera del Wakanda –, il quale scruta la sua anima per scoprire se il suo cuore è impuro, se le sue motivazioni sono macchiate dall'avidità e dall'odio. Il dio gatto vede le innumerevoli morti causate dai sogni di Destino, tutti i danni arrecati, ma cosa sono danni e morte per i re e per gli dei? I metodi di destino sono il mezzo per il fine, «come falciare le erbacce per consentire a un'orchidea di fiorire», egli rappresenta il cambiamento, eppure coloro che lo contrastano lo disprezzano e la loro bigotta arroganza non li ha mai portati a provare a vedere ciò che vede lui, a chiedersi il perché. E il perché delle azioni di Destino è l'amore.  
«Valuta i miei crimini rispetto a quello che l'umanità fa a se stessa, e sono un santo. L'homo sapiens è una specie predatrice, questo ci ha fatto scendere dagli alberi e alla fine ci ridurrà a una postilla nella storia del cosmo. Io sono più di uno scienziato, più di un despota assetato di potere come vengo dipinto da Richards e dagli altri. Sono uno stregone. Ho scrutato il futuro e ho visto che la ripetizione di azioni violente spingerà il mondo verso un futuro in cui la Terra sarà ridotta a un tizzone carbonizzato. Ogni volta che ho sondato il futuro ho visto solo questo. Tranne una volta. In un possibile futuro l'umanità sarà unita, saranno trovate cure per tutte le malattie, i conflitti mondiali cesseranno, la fame sarà abolita, l'istruzione sarà universale e nessuno ne sarà privo. In quel mondo ci saranno leggi, chi le infrangerà sarà immediatamente giustiziato. In breve tempo, nessuno oserà più far del male a un innocente, o commettere un crimine per odio, o rubare il pane dal tavolo di un altro. Ho osservato diecimila futuri, centinaia di migliaia, e solo in uno l'umanità si unirà, prospererà e sopravviverà. Solo in uno, il mondo di Destino».
Destino ucciderebbe milioni di persone per salvarne miliardi, riscriverebbe la storia, distruggerebbe nazioni, si farebbe chiamare tiranno e assassino, eppure crede che questa sia l'unica via di salvezza per l'umanità. Anche secondo Bast, lo crede con tutto il cuore: tutto quello che ha fatto, le trame, i piani, gli eccessi perversi, erano al servizio di un unico scopo. E il dio felino deve agire secondo verità: per quanto i metodi di Destino siano ripugnanti e spregevoli, la sua intenzione è pura ed egli ha quindi superato il test, potendo fare del vibranio quello che vuole.
Così il dio felino sembra quasi riconoscere, con Thomas Hobbes, che per gli uomini «l'unica via per fondare un potere comune capace di difenderli dalle invasioni straniere e dalla ingiurie degli uni verso gli altri e di renderli sicuri in modo che essi, con la loro industria e con i frutti della terra, possano nutrirsi e vivere in pace, è di conferire tutto il loro potere e la loro forza nelle mani di un singolo uomo o di un'assemblea di uomini, che riduca le loro volontà, con la pluralità delle voci, ad un'unica volontà: io autorizzo e cedo il diritto che ho di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini a questa condizione, che anche tu ceda il tuo diritto a lui e autorizzi tutte le sue azioni allo stesso modo. Questa è l'origine del grande leviatano o meglio, per parlare con piú riverenza, di quel dio mortale al quale noi dobbiamo al di sotto del Dio immortale la nostra pace e la nostra difesa. Colui che rappresenta questa persona è detto sovrano e si dice che ha il potere sovrano: tutti gli altri sono sudditi» (Leviatano).

 

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