Il volume Batman and Philosophy è probabilmente uno dei migliori della serie Pop Colture and Philosophy che io abbia letto, sia probabilmente per una mia personalissima predilezione per questa creazione fumettistica, sia però anche per una innegabile affinità tra il Cavaliere Oscuro e le sue storie e alcune tematiche e tonalità emotive tipicamente filosofiche.
Nella prima parte del testo gli autori si interrogano sul quesito se il Cavaliere Oscuro agisca sempre bene. Perché, ad esempio, Batman non uccide il Joker? “Lasci morire tante persone perché non ne uccidi una?”, chiedono Jason Todd e Hush a Batman. L’argomento in favore dell’uccisione del Joker sarebbe tipicamente utilitarista, ma i supereroi in genere non sono utilitaristici. Come si può essere sicuri che ucciderà ancora, e quindi che si stanno salvando delle vite? Sarebbe lecita una sorta di pre-punizione come quella narrata nelle vicende di Rapporto di minoranza da Philip K. Dick. Altre possibili questioni poste sono se sia giusto o meno formare e addestrare un Robin, se l'odio di Batman verso i cattivi possa essere definito virtuoso – egli si preoccupa che possa piacergli troppo, procurargli soddisfazione personale e gioia, anche se al contempo lo porta a sacrificare cose essenziali alla felicità della vita.
Gli interventi della seconda parte sono incentrati sul rapporto tra legge, giustizia e ordine sociale. Nell'arco narrativo di No Man's Land (Terra di nessuno) – che segue Contagio e Cataclisma –, in cui la situazione sembra quella dello stato di natura descritto da Hobbes, si mette in luce come il principale nemico di Batman sia il caos, l’anarchia, come egli si presenti quale il difensore dell’ordine sociale. Egli è anche, però, il simbolo della giustizia e dell’ordine al di là dei diritti e della legge, contro il monopolio dello Stato, quale detentore dell'autorità e della legge, dell’uso legittimo della violenza: ne Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller si afferma esplicitamente che “Un uomo è sorto per mostrarci che il potere è, ed è sempre stato, nelle nostre mani. Siamo sotto assedio – Ci sta mostrando che possiamo resistere”.
Nella terza parte del volume si affrontano i temi etici che stanno alla base delle origini del crociato incappucciato. Ad esempio, la promessa che è a fondamento delle origini di Batman, la missione assunta sui cadaveri dei propri genitori, fa sì che il suo desiderio non sia semplice vendetta, che sia meno personale, e lo porta, invece, ad assumere un ruolo analogo a quello svolto dal padre come medico, il tutto per assicurare un’eredità alle vite dei suoi genitori: il Cavaliere Oscuro non prova solo a distruggere le forze malvagie di Gotham, ma anche a costruire qualcosa, e questo scopo costruttivo lo distingue da altri eroi come il Punitore o Rorschach.
Nella quarta sezione, invece, la domanda è sull'identità di Batman, interrogandosi ad esempio sulla decisione consapevole da parte di Bruce Wayne di creare l’identità di Batman, nata dall'incontro tra Bruce e il pipistrello e dalla scelta di abbracciarlo, che ricorda un po' la parabola del pastore e del serpente nello Zarathustra di Nietzsche, oppure chiedendosi se Batman avrebbe potuto essere il Joker.
Nella quarta sezione, invece, la domanda è sull'identità di Batman, interrogandosi ad esempio sulla decisione consapevole da parte di Bruce Wayne di creare l’identità di Batman, nata dall'incontro tra Bruce e il pipistrello e dalla scelta di abbracciarlo, che ricorda un po' la parabola del pastore e del serpente nello Zarathustra di Nietzsche, oppure chiedendosi se Batman avrebbe potuto essere il Joker.
La quinta parte presenta un tono esistenzialista, affrontando i temi della morte, dell'angoscia e della libertà. Viene analizzato, ad esempio, il senso di colpa per la morte dei genitori provato da Bruce. Sentito come soffocante, esso inizialmente dischiude ad un livello fondamentale dell’esistenza come colpa dell’essere, a un senso di nullità. Questa fragilità ha però il potere di trasformare la vita: la colpa si trasforma da semplice biasimo a comprensione che ognuno è colpevole perché deve prendere una posizione e dare testimonianza su chi è e come vive. Scegliendo di liberare se stesso dalla tipica risposta alla sua personale tragedia, cioè rabbia cieca e vendetta, Bruce interpreta l’evento della morte dei propri genitori come un richiamo a ribellarsi contro una vita di vittimizzazione, commiserazione e cinismo. Così facendo Bruce redime una tragedia senza senso affrontando l’insensatezza della violenza in sé, così la colpa che inizialmente lo aveva condannato diventa un richiamo ad essere se stessi, e così Batman diventa l’autentica coscienza di Bruce, accettando che essere è essere ansiosi su chi si è.
Nella sesta ed ultima parte, infine, il tema è quello dei molti ruoli dell'Uomo Pipistrello. Si affronta il tema della natura dell'amicizia analizzando il rapporto tra il Cavaliere Oscuro e Superman. Superman e Batman sono amici, ma danno all’amicizia l’un per l’altro un diverso significato, poiché il primo ne ha un concetto che sembrerebbe ripreso da Aristotele (amicizia come rapporto tra due eguali, tra due uomini buoni che si amano puramente e semplicemente per quello che sono, per i rispettivi caratteri, spingendosi a migliorarsi senza false adulazioni: se venisse il momento, Superman sa che Batman sarebbe l’unico ad usare volontariamente l’anello di kryptonite contro di lui, e questo anello è allora una testimonianza di questo aspetto dell’amicizia, che serve a mantenere Superman buono), mentre il secondo una visione più simile a quella nietzschiana fondata sul rispetto dovuto a un rivale, e considerando Superman un suo pari ma in quanto a potenza, ammirando in lui un monumento vivente di ciò che l’uomo potrebbe essere, ma a cui deve insegnare (e la lotta è il terreno migliore) a non credere alla propria invulnerabilità, a non essere arrogante, impartendogli la lezione imparata dall’assassino dei suoi genitori.