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venerdì 2 marzo 2012

cartmanlandia e il problema del male

Nell’episodio di South Park Cartmanlandia Kyle vede la felicità di Cartman come un male terribile: Cartman non si merita tanta felicità e non è giusto che lui l’abbia ottenuta. Kyle osserva che quanto è accaduto non è solo incredibile, ma considerata la sua visione del mondo – che include credere che Dio esista – è anche impossibile. Se Dio esiste, dato che egli è infinitamente buono e onnipotente, non permetterebbe a Cartman di essere completamente felice; ma ora che Cartman ha il suo lunapark, Cartman è completamente felice; quindi Dio non esiste.
Il problema logico del male implica che l’esistenza del male sia logicamente incompatibile con l’esistenza di Dio. Un modo per risolvere il problema è attraverso la cosiddetta difesa del libero arbitrio, in base alla quale si sostiene che i mali individuali non hanno risposta, ma sono un rischio che Dio deve correre se vuole permettere che accada il bene: il bene può essere ottenuto solo con il nostro libero arbitrio, come sostiene Agostino solo le azioni libere sono azioni buone. Quindi, il rischio del male è necessario se al mondo ci deve essere il bene.
Ma i mali naturali, quelli non causati dal libero arbitrio dell’uomo? Come soluzione al problema del male naturale, la soluzione del libero arbitrio non regge.
Una soluzione che cerca di risolvere il problema del male sia morale che naturale è la teodicea sulla formazione dell’anima. Tale giustificazione suggerisce che il male, sia morale che naturale, è permesso nel mondo in modo da permetterci, come individui e come specie, di sviluppare il nostro carattere. Azioni derivanti da caratteri a cui è stata concessa la perfezione non sono così buone come quelle derivanti da caratteri che hanno sviluppato la perfezione. Per assicurarsi che nel mondo ci siano le azioni migliori, Dio permette l’esistenza del male in modo che noi possiamo reagire, evolvendo ed eventualmente perfezionandoci. Così, anche se alcuni mali specifici potrebbero restare senza risposta, il mondo intero sarebbe migliore se noi sviluppassimo il nostro carattere e lo possiamo fare solo reagendo al male.
Questo ragionamento riflette quello di Gesù nell’episodio Un Capodanno indimenticabile: «La vita è fatta di problemi e vivere è risolvere i problemi, crescere e imparare dagli ostacoli. Se Dio sistemasse tutto al posto nostro, la nostra esistenza non avrebbe più alcun senso».
Ma il problema legato alla quantità del male nel mondo sembra ancora irrisolto e la discussione rimane aperta.

(da David Kyle Johnson, Cartmanlandia e il problema del male, in South Park e la filosofia)

mercoledì 29 febbraio 2012

sull'identità personale

Nell’episodiodi South Park Spookyfish – Lo speciale di Halloween, i ragazzi scoprono un secondo Cartman che se ne va in giro per South Park. I due Cartman sono identici, i ragazzi non riescono a distinguerli dall’aspetto, ma notano subito una differenza nel loro carattere. Nell’episodio Un elefante fa l’amore con una maiala, Stan viene clonato, ma i due Stan non sono assolutamente uguali fisicamente. Infine, ricordate l’episodio Una scala per il paradiso, in cui Cartman, dopo aver bevuto le ceneri di Kenny, viene posseduto da lui. Questa volta abbiamo solo un corpo – il corpo di Cartman – ma al suo interno c’è l’anima di Kenny.
Ci sono due vaste categorie di criteri per l’identità personale. Secondo i criteri fisici, l’identità è composta da elementi fisici come il corpo, il cervello e altre forme fisiche. D’altro lato, secondo i criteri psicologici, l’identità è composta da alcune parti psicologiche, come la coscienza e la memoria, che esistono nel tempo.
Con la testa fra le nuvole [lavaggio del cervello di alcuni abitanti], Divertirsi con le armi [rimozione di una stella ninja dalla testa di Butters], Super Adventure Club [lavaggio del cervello a Chef]. In questi esempi, il cervello sembra essere l’ingrediente fondamentale dell’identità personale. Le persone cambiano nel tempo a causa di cambiamenti nel loro cervello. Tu sei tu nel tempo, se, e solo se, hai lo stesso cervello.
D’altro lato, nell’episodio Il più grande buffone dell’universo, i ragazzi vedono i trailer dei prossimi film in uscita di Rob Schneider. Il trailer del primo film è il seguito delle varie identità assunte da Schneider nei suoi film precedenti: «Rob Schneider è stato un animale. Poi è stato una donna. E ora Rob Schneider è… una pinzatrice».  Rimane però sempre la stessa persona, anche se la sua forma fisica cambia. Questo presuppone criteri psicologici per l’identità personale. La propria identità come persona deriva quindi dalla continuità psicologica.
Nell’episodio Ai confini della realtà i ragazzi si identificano con uno dei possibili criteri psicologici dell’identità personale, il criterio del ricordo. Se qualcuno soffre di amnesia o di uno scambio di memoria a causa del quale i suoi vecchi ricordi sono cancellati o sostituiti da nuovi, allora anche la sua identità sarà diversa. Per Locke sono i ricordi che ci permettono di avere la stessa coscienza nel tempo.
Torniamo all’episodio Spookyfish – Lo speciale di Halloween. Il metodo usato dai ragazzi per distinguere i due Cartman segue il criterio della continuità psicologica dell’identità personale, dove la personalità è fondata sulla continuità delle relazioni psicologiche nel tempo. Il criterio della continuità psicologica nasce, tra le altre fonti, dall’approccio scettico di David Hume. Nel suo Trattato sulla natura umana, Hume sosteneva che tutti noi siamo «fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento». Per Hume non c’è nessun sé che rimane lo stesso nel tempo. Non potremo mai trovarci nella posizione di poter catturare una “persona” che è la stessa in un momento e in quello successivo. Tutt’al più, ognuno di noi è una collezione di pensieri, sentimenti e atteggiamenti mutevoli. La teoria di Hume porta a sostenere che la personalità sia un tutt’uno fittizio che cattura l’interezza dei nostri tratti psicologici, delle nostre azioni, dei nostri modelli comportamentali e delle nostre riflessioni nel tempo.

(da Shai Biderman, Il futuro sé di Stan e il malvagio Cartman. Identità personale in South Park, in South Park e la filosofia)


martedì 21 febbraio 2012

difendere la democrazia attraverso la satira

La critica del totalitarismo di Popper si basa sulla distinzione tra società chiusa e società aperta. Secondo Popper la società chiusa è quella in cui i costumi sociali sono particolarmente rigidi e resistenti alla critica, in cui manca la «distinzione fra le regolarità consuetudinarie o convenzionali della vita sociale e le regolarità riscontrate nella natura» e si crede invece che «le une e le altre sono imposte da una volontà sovrannaturale». Di conseguenza, le regole e i costumi della società chiusa sono relativamente chiari e incontestati. «La via giusta è determinata da tabù, da istituzioni tribali magiche che non possono mai diventare oggetto di considerazione critica» (La società aperta e i suoi nemici).
Al contrario, la società aperta è quella in cui i costumi sono aperti alla riflessione razionale dei suoi membri, in cui la riflessione e la discussione pubblica possono produrre cambiamenti nei tabù, nelle regole e nelle leggi codificate della società.
Perché a volte le democrazie sono attratte dal totalitarismo chiuso, per esempio dal nazismo o dal fascismo? In generale Popper pare considerare coloro che stanno all’estrema sinistra e all’estrema destra degli schieramenti politici nemici della società aperta. I rappresentanti di entrambi gli estremi hanno difficoltà a tollerare la libera e aperta discussione pubblica tanto indispensabile a una società aperta. Per di più, entrambi sono insofferenti nei riguardi delle imperfezioni intrinseche del processo democratico e tutti e due sono lesti nel rifiutare la possibilità che le loro opinioni siano sbagliate.
La democrazia è messa in pericolo dalle minacce totalitarie provenienti sia da destra che da sinistra. «Quelli che urlano da un lato e quelli che urlano dall’altro sono uguali, ed è bello stare nel mezzo e ridere di entrambi» (Parker, autore di South Park).
Considerate Cartman. Solitamente viene rappresentato come un ridicolo fanatico di destra, quantunque insolitamente giovane. Antidemocratico e autoritario, Cartman è un bullo egoista che ironizza crudelmente sulle disgrazie altrui e tratta male i suoi animali, fantastica una carriera dedicata al mantenimento dell’ordine pubblico non desiderando aiutare la gente né servire la sua comunità ma, come egli stesso scandisce, volendo persone che soddisfino la sua richiesta «rispetta la mia autorità». Per questi e altri innumerevoli peccati e difetti di carattere, raramente Cartman finisce un episodio senza essere ridicolizzato o punito in qualche modo.
Un ulteriore elemento è quello che Popper definisce il paradosso della tolleranza. Il tipo di tolleranza richiesto per mantenere sana una democrazia richiede, per ironia della sorte, un’intolleranza per l’intolleranza. «Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi».
Quando redasse il Virginia Bill for Establishing Religious Freedom (1777), Thomas Jefferson, già uno dei principali autori della Dichiarazione d’indipendenza americana (1776), riconobbe che l’indagine libera e schietta è l’unico metodo esauriente per ottenere la conoscenza in tutte le questioni importanti, siano esse di carattere scientifico, politico, religioso o altro: «La verità è potente e trionferà se lasciata a se medesima; che è essa l’antidoto adatto e bastevole all’errore e non ha nulla da temere dal conflitto, a meno che non sia privata da un’umana interposizione delle sue armi naturali, il libero ragionamento e la libera discussione. Gli errori cessano dall’essere pericolosi quando le sia consentito di confutarli liberamente».

(da David Valleau e Gerald J. Erion, South Park e la società aperta. Difendere la democrazia attraverso la satira, in South Park e la filosofia)

lunedì 13 febbraio 2012

kyle il filosofo

Kyle in South Park lotta per trovare la cosa giusta da fare in ogni situazione, cerca di trovare e comprendere la vita buona, la vita che deriva dal fare la cosa giusta, la vita che dà senso alla persona che la vive. Come Socrate, Kyle non riesce a trovare la felicità seguendo la tradizione.
Nell’episodio Il racket dei dentini, quando i ragazzi scoprono che la fatina del dentino non esiste, Kyle rimane shoccato e sprofonda sempre di più nello scetticismo: se non può fidarsi della sua fonte di giustificazione, poiché i suoi genitori possono mentirgli su tutto, non può dire con certezza di conoscere alcunché. Potrebbe essere tutto “inventato” quindi “niente è reale”.
Per prima cosa Kyle inizia a dubitare della realtà di altre persone che in precedenza pensava fossero reali. Poi inizia a chiedersi se anche lui sia reale. Per quanto ne sa, Kyle potrebbe condurre una vita di illusione come Neo in Matrix. Senza un modo per giustificare le sue credenze, Kyle è incapace di trovare alcuna certezza sul mondo, compreso se stesso.
Kyle arriva però, alla fine, alla stessa conclusione di Cartesio: «Sapete, oggi ho imparato una cosa. Vedete, la base di ogni ragionamento è l’autoconsapevolezza della mente. Ciò che pensiamo, gli oggetti esterni che percepiamo sono come attori che entrano ed escono di scena. Ma la consapevolezza, che è il palcoscenico stesso, è sempre dentro di noi».

(da William J. Devlin, La passione filosofica dell’ebreo. Kyle il filosofo, in South Park e la filosofia)

venerdì 10 febbraio 2012

vedete, oggi ho imparato una cosa

Esiste una distinzione tra ragioni prudenziali e ragioni probatorie: le prime sono fondate solo su una buona ragione ma non hanno la benché minima prova che le supporti, si ha solo l’interesse a crederci.
Forse dovremmo avere solo credenze che si basano su ragioni probatorie, ma cosa c’è di male nelle ragioni prudenziali? C’è che le credenze infondate possono portare a conseguenze dannose. Nell’episodio di South Park  Super Migliori Amici coloro che credono si sentono bene grazie alle loro credenze, queste danno loro speranza e consolazione; tuttavia, tali credenze rimangono estremamente pericolose. Un secondo tipo di danno è la debolezza e la pigrizia mentale: ogni volta che crediamo in base a ragioni prive di valore, indeboliamo le nostre capacità di autocontrollo, di messa in dubbio, di soppesare equamente e imparzialmente l’evidenza; quindi, sebbene una credenza infondata non causi immediatamente danni, essa indebolisce la mente.

Nell’episodio Il più grande buffone dell’universo John Edward chiede a Stan: «Tutto quello che racconto alla gente dà loro speranza. È per questo che mi chiami buffone?». La risposta di Stan, magnifica: «Le domande della vita sono toste: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Ma se si continua a credere a dei ciucciapalle come te non troveremo mai delle risposte a queste domande. Tu non dici solo bugie, tu rallenti il progresso dell’umanità, tu sei un buffone». A questo fa seguito un discorso fantastico che questa volta Stan tiene davanti al pubblico composto da coloro che credono a Edward: «Vedete, oggi ho imparato una cosa. All’inizio pensavo che voi foste degli stupidi dato che davate retta a questo buffone. Ma ho capito che lo fate perché siete spaventati, vi fa paura la morte. Lui vi dà la sua comprensione. Voi volete credergli perché vi è di aiuto. Trovate confortante il pensiero che i vostri cari aleggino intorno a voi. Ma è questo quello che volete? Magari come anime essere costretti a parlare con questo coglione? La verità è che questi sono solamente dei trucchetti. E qualsiasi cosa accada nell’aldilà sarà sempre più sorprendente di questo buffone».

(da Henry Jacoby, Vedete, oggi ho imparato una cosa. Stan Marsch e l’etica della credenza, in South Park e la filosofia)

mercoledì 8 febbraio 2012

fastidiosa filosofia

Nell'introduzione al "fastidioso" South Park e la filosofia viene immediatamente ribadito che a coloro che pensano di avere “la verità in tasca” bisogna far abbassare la cresta, poiché, dopotutto, la percezione che le persone hanno della verità non è altro che una percezione, ed è giusto ridere di loro, non considerando alcuna credenza talmente sacra da non metterla mai in dubbio – o da non riderci sopra. Questa sembra essere la dichiarazione d'intenti tanto della serie televisiva qui presa in esame, quanto del saggio stesso. South Park è fa fa filosofia e va preso sul serio quindi,... 'pito?
Ma non è eccessivo e blasfemo l'umorismo della serie? Se però è vero – come sostiene il personaggio del film Seven John Doe  – che «per farti ascoltare non è più sufficiente battere sulla spalla del tuo vicino, devi fare scoppiare una bomba», allora tale umorismo può shoccare, sconvolgere, stimolare e indurre le persone a pensare e a parlare. Una società in cui si conversa di più e in cui vi è un maggiore scambio di idee è, a conti fatti, più felice di una società in cui vi è meno conversazione e dialogo sociale. Quindi, è giusto ridere di e con South Park – e del resto, nell’opera teatrale Le nuvole di Aristofane ci sono tante battute sui peti quante ce ne sono in un tipico episodio di Trombino e Pompadour in South Park.
Quindi scendiamo liberamente a South Park per interrogarci su questioni etiche (quali sono i valori morali giusti?), politiche (la satira e l'ironia, anche la più blasfema, possono essere una difesa della democrazia, di una società aperta e antitotalitaria?), esistenziali (la vita ha senso o è assurda come le ripetute morti di Kenny?), metafisiche (quali sono i criteri per stabilire l'identità personale? Come è possibile lo scandalo del male nel mondo? Come si può giustificare la banale malvagità di Cartman?), filosofiche in generale (perché e a cosa credere? si interroga nelle sue dubbiose e cartesiane meditazioni Kyle; quali sono le possibilità e le implicazioni dell'intelligenza artificiale? Qual è il rapporto tra fede e ragione? Come arrivare alla verità e alla conoscenza, forse con i socratici dialoghi di Kyle e Stan?).

martedì 5 luglio 2011

oh mio dio! hanno ammazzato kenny... di nuovo

Albert Camus scrisse Il mito di Sisifo. Per Camus tutti noi, come Sisifo, siamo intenti quotidianamente a spingere una roccia fin sulla cima di una collina, per poi vederla rotolare di nuovo a valle, e sappiamo che il giorno dopo dovremo rifare la stessa cosa. Per Camus bisogna affrontare l’assurdo e accettarlo.

Anche la vita e la morte di Kenny di South Park possono essere viste come un’espressione dell’assurdo. Il compito di Kenny è morire e, per lo più, la gente ride o non lo nota, punizione assurda e priva di senso come il compito di Sisifo. L’atteggiamento indifferente verso la morte di Kenny è l’atteggiamento dell’assurdo perché riflette l’indifferenza dell’universo nei confronti della mortalità umana. Quindi, come Sisifo che spinge il masso tutti i giorni, Kenny deve affrontare il suo destino senza trovare una consolazione nelle risposte. Egli viene ucciso solo per essere resuscitato e poi di nuovo ucciso. Come Sisifo, deve spingere tutti i giorni lo stesso masso, senza una ragione confortante del perché la sua vita non abbia senso. Anche se non moriamo continuamente come Kenny, tutti noi gli assomigliamo poiché dobbiamo affrontare l’assurdità della vita.
Per Camus Sisifo è un eroe perché, cosciente della sua condizione assurda, sceglie di affrontarla e accettarla e così è più forte del suo macigno: comprende che la vita non ha alcun significato intrinseco, tuttavia continua a vivere. Camus definisce tale posizione come una rivolta poiché l’assurdo viene compreso ma non si cede alla rassegnazione. Sisifo dice “sì” al suo destino e non lo rifiuta, non si dispera né pensa di potersi sottrarre a esso, è privo di illusioni e non cerca consolazione in storielle confortanti riguardanti il significato della vita. La lotta di Sisifo gli appartiene sino in fondo e sta a lui deciderne il valore poiché non ci saranno mai risposte riguardanti lo scopo della vita. Sisifo dice “sì” al suo compito assurdo, proprio come Kenny sembra accettare la sua funzione comica: continua, come Sisifo, a dire “sì” al suo compito e dà un significato a se stesso, nonostante l’assurdità della vita.



(da Karin Fry, Oh mio Dio! Hanno ucciso Kenny… di nuovo. Kenny e l’esistenzialismo, in South Park e la filosofia)

sabato 5 marzo 2011

solo aria calda o gioventù corrotta?

Sia Socrate sia South Park sono stati accusati di empietà e corruzione dei giovani; ma, come Socrate, South Park non fa male a nessuno: la filosofia e South Park, al contrario, istruiscono le persone e forniscono loro gli strumenti intellettuali necessari per diventare saggi, liberi e buoni.
I genitori di South Park corrompono i figli molto più di quanto potrebbe mai fare un programma televisivo.
In parte ciò che rende South Park filosoficamente interessante è il contrasto tra la stupidità malvagia di Cartman e la virtù non conformistica e riflessiva di Kyle e Stan: i due amici raggiungono una posizione virtuosa in parte negoziando e ascoltando i diversi punti di vista prima di giungere alla loro conclusione attraverso le domande e il ragionamento, e spesso la loro conclusione ammette che c’è della verità in ogni posizione, ma anche che la sua prospettiva limitata rimane pericolosa. Stan e Kyle, a differenza di Cartman, imparano a guardare le cose dal punto di vista altrui attraverso la loro continua conversazione.
Pensare comporta vedere le cose con gli occhi altrui, nel dialogo e nella riflessione. Si tratta quindi di un dialogo sia interno che esterno, ed è solo attraverso questo dialogo che la riflessione critica e la bontà diventano possibili. Vivere bene significa basarsi sulla pluralità, è l’amicizia ciò che aiuta a essere buoni.

(da William W. Young III, La flatulenza e la filosofia. Molta aria calda, o la corruzione della gioventù?, in South Park e la filosofia)

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