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giovedì 31 marzo 2011

il lato oscuro della speranza

Final Fantasy X ritrae un mondo sotto la piaga del peccato. Gli abitanti di Spira coesistono con l’esistenza di questo sovrastante terrore riponendo la loro fede nella religione di Yevon e negli Evocatori (Summoners), che sono gli unici ritenuti capaci di salvare Spira e dare inizia alla tanto desiderata Calma. Friedrich Nietzsche si lamenterebbe dell’effetto che la religione Yevonita ha sulla popolazione di Spira e la condannerebbe perché incoraggia a riporre speranza in un falso aldilà a spese della vita presente. Il filosofo desidera un ritorno allo spirito d’azione, l’interesse per questo mondo e una volontà di potenza, essendo profondamente sospettoso nei confronti della credenza che tutte le sofferenze attuali assumano un valore positivo perché in futuro saranno ricompensate.
Il risultato di questo atteggiamento negativo nei confronti di questo mondo è che la maggior parte degli abitanti di Spira non può conquistarsi il paradiso da se stessa. A meno di essere un Evocatore, tutto ciò che si può fare è essere pii e attendere.
Nietzsche interpreterebbe la situazione di Spira come quella prodotta dal Cristianesimo: la religione gioca sulle paure delle masse al fine di ottenere appoggio per una nuova forma di pensiero che sovverte i valori conducendo alla moderna concezione della morale, la grande ribellione contro il dominio dei valori nobili. Yevon influenza la popolazione con l’umiltà che insegna che si è impotenti a sconfiggere il peccato.
Alla fine del gioco, Yevon probabilmente non può continuare ad esistere. Il suo potere di imbrigliare l’originale e basilare sentimento di paura dell’uomo non è più applicabile. L’aspetto centrale della vita che ha mantenuto fedeli gli abitanti di Spira è stato distrutto. Nietzsche vedrebbe questo destino come un’opportunità per gli uomini di andare avanti, trascendere una vita di servitù e umiltà, iniziare invece a vivere per se stessi, seguendo la propria volontà, raggiungendo una gloria terrena.

(da David Hahn, Sin, otherworldliness, and the downside to hope, in Final Fantasy and Philosophy)

venerdì 25 marzo 2011

la ricerca esistenziale dell'autenticità

Nietzsche asserisce che Dio è morto, cioè è diventato obsoleto e non dovrebbe più essere considerato come garanzia di una qualsiasi guida nel mondo moderno: è solo attraverso l’accettazione dell’assenza di Dio che l’individuo può finalmente essere libero e imparare a creare valori che siano veramente suoi propri.
Per Sartre, questa condizione è ben riassunta nell’affermazione “l’esistenza precede l’essenza”: diversamente dagli oggetti e dagli strumenti che sono creati dall’uomo allo scopo di servire ad uno specifico ruolo o scopo, gli esseri umani hanno la peculiarità di venire al mondo senza alcuna predeterminata essenza o ragione d’essere. Non avendo un’essenza determinata, l’uomo deve scegliere cosa diventare, è condannato ad essere libero e deve accettare la responsabilità che accompagna questa assoluta libertà.
Benché l’uomo sia necessariamente libero, Sartre sostiene che spesso egli tenta di negare la propria libertà: la malafede è un modo d’essere inautentico fin troppo comune nelle nostre vite. Consideriamo il caso Di Cloud, protagonista del videogioco Final Fantasy VII. Nelle sue iniziali apparizioni, egli si presenta come un freddo e arrogante mercenario il cui unico interesse è quello di essere ricompensato per il suo contributo ad AVALANCHE. Cloud recita il suo essere un soldato.
La ricerca di Cloud in Final Fantasy VII  non è tanto quella fatta per salvare il mondo, quanto piuttosto quella fatta per venire a termini con la coerenza del proprio ruolo in esso. Cloud arriva a realizzare che i valori della sua gioventù, che gli sono stati impartiti dalla sua comunità, sono divenuti obsoleti: i suoi tentativi di adattarsi ai suoi pari essendo se stesso sono falliti, ed egli si trova lasciato solo a se stesso nella vastità del mondo aperto. La decisione di scalare i ranghi militari sembra offrire una potenziale soluzione al suo crescente nichilismo, ma in questa stessa decisione risiede il pericolo di allontanarsi dall’obiettivo della vera indipendenza. L’atteggiamento iniziale di Cloud da “duro”, tenuto per la prima metà del gioco, non è mai stato suo proprio, ma piuttosto è interamente adottato sulla base del suo concetto di come un soldato di prima scelta dovrebbe essere.
La seconda parte del gioco contiene invece l’indicazione del suo desiderio di ricominciare daccapo, di iniziare a vivere autenticamente: «Cloud… Io sono Cloud… padrone del mio mondo illusorio. Ma non posso più rimanere intrappolato in un’illusione… Vivrò la mia vita senza fingere».

(da Christopher R. Wood, Human, all too human: Cloud's existential quest for authenticity, in Final Fantasy and Philosophy)

mercoledì 16 marzo 2011

follia e nichilismo

Kefka, il nemico in Final Fantasy VI, è uno dei personaggi più filosoficamente densi nel mondo dei video giochi. Secondo Michel Foucault, in Storia della follia nell'età classica, durante il Medioevo le comuni caratteristiche della follia erano spesso viste come segni di una velata saggezza: c’era una nozione più positiva di follia. Foucault è convinto che una trasformazione da velata saggezza a follia sia iniziata con le visioni cristiane dell’apocalisse. Le allusioni bibliche all’incapacità umana di comprendere le ragioni di Dio hanno condotto a ritenere che quelli che si fossero avvicinati troppo a questa comprensione sarebbero stati condotti alla follia. Verso il XVII secolo, i folli erano temuti perché si supponeva che fossero stati ridotti all’insanità per essersi imbattuti in segreti nascosti sull’universo e su un’apocalisse prossima a venire. Se prendiamo in considerazione questo, allora il processo di fusione di Kefka con la Magicite potrebbe avergli donato una rivelazione di oscuri segreti e visioni dell’apocalisse. La paura di ciò che accadrebbe se gli dei della magia dovessero ritornare dà origine alla nozione di follia nel gioco, nella stessa maniera in cui la paura per l’apocalisse cristiana ha creato l’etichetta di follia alla fine del Medioevo. Kefka è rapidamente etichettato come folle perché quelli intorno a lui temono le conoscenze di cui potrebbe essere in possesso.
Prima che la storia si concluda Kefka accumula un potere divino e scopre che non c’è un significato ultimo dietro l’esistenza del mondo. Così si organizza per distruggerlo. Quando raggiunge l’apice del potere razionale disponibile sia per gli uomini sia per gli dei, all’improvviso scopre che non esiste alcuna giustificazione per la vita.
Etichettare Kefka come folle è in realtà solo un tentativo di ignorare quello che potrebbe essere un valido punto di vista. Kefka, raggiunto l’obiettivo di un potere e una conoscenza definitivi, va incontro ad un’interessante metamorfosi: non più in vestito da giullare, egli ha invece assunto un’angelica forma alata e il suo atteggiamento è quello di un distaccato stoicismo. Kefka afferma che non c’è alcun significato nel mondo, nessuna ragione che giustifica l’esistenza. Gli Eroi del gioco provano ad argomentare contro Kefka e spiegargli ciò che dà alle loro proprie vite un senso, ma Kefka non è diventato irrazionale o illogico, piuttosto arazionale, non contrario alla ragione ma al di là del dominio di essa. Gli Eroi che provano a convincere Kefka che l’esistenza ha una giustificazione, invocano desideri ipotetici di cui ormai Kefka è sprovvisto.
Mentre la vita può mancare di uno scopo oggettivo, ognuno di noi è venuto al mondo con la capacità di decidere cos’è significativo per noi. La comprensione di Kefka può fare un po’ di luce sulla connessione tra il famoso detto di Nietzsche “Dio è morto”, l’intima insensatezza della morale e dell’esistenza, e il nietzschiano concetto di Oltreuomo (Übermensch). Il rapporto di Kefka con il resto dell’umanità non è caratterizzato da animosità: dopo la sua ascensione a uno stato di divinità, egli non pronuncia una sola parola d’odio contro i protagonisti del gioco. L’umanità prega per ottenere compassione, ma questa è qualcosa di cui Kefka manca, semplicemente perché è una virtù creata da quelli cui manca il potere, una virtù razionalmente non necessaria alla superiorità, allo stato di divinità, ad una morale aristocratica e nobile.
Kefka è allora un Oltreuomo? Il personaggio di Nietzsche che proclama la morte di Dio, dichiara di essere giunto troppo presto e che il mondo non è ancora pronto per affrontare le conseguenze di un’esistenza nuova e senza Dio. Questa mancanza di preparazione è la vera preoccupazione che Kefka incarna: che senza Dio non c’è scopo o significato per l’esistenza. La nostra paura è che un mondo nel quale Dio sia stato scacciato o rimpiazzato dalla sola ragione sia un mondo in cui l’unico esito possibile sia il desiderio nichilistico di distruzione di ogni cosa. Nietzsche vuole più di quanto Kefka possa offrire all’umanità. Il vero Oltreuomo è capace non solo di scacciare Dio e la vecchia morale, ma di superare anche il nichilismo: questo uomo del futuro redime non solo dall’ideale che ha regnato fino ad ora, ma anche da ciò che potrebbe crescere dopo di esso, la grande nausea, la volontà di nulla, il nichilismo… è un anticristo e un antinichilista.
La lotta contro Kefka conduce i protagonisti faccia a faccia con l’influenza negativa della magia – della religione, del controllo, dell’autorità – e li costringe ad imparare a vivere senza di essa. È la battaglia più grande: la battaglia di trovare un senso quando non ne è dato nessuno.

(da Kylie Prymus, Kefka, Nietzsche, Foucault: madness and nihilism in Final Fantasy VI, in Final Fantasy and Philosophy)

 

venerdì 11 marzo 2011

un videogioco scrivibile

La molteplicità di personaggi giocabili permette ai giocatori più strade all’interno di un testo. Roland Barthes chiamerebbe Final Fantasy VII un testo scrivibile, perché i giocatori assumono un ruolo attivo nel produrre la narrazione del gioco attraverso la propria personale esperienza del gioco. Barthes credeva che gli scrittori dovessero riempire i propri testi con significanti, permettendo ai lettori di interpretarli da soli e così produrre il testo. I significanti contenuti nei personaggi di FFVII sono quegli elementi che possono essere manipolati dai giocatori. Potremmo chiamarli adattamenti (customizations). Questi variabili adattamenti non solo incrementano ulteriormente il numero di significanti contenuti da ogni personaggio, ma inoltre consentono ai giocatori di alterare questi significanti per adattarli ai propri fini.
I designer di giochi diventano “architetti narrativi” che progettano e costruiscono spazi di gioco nei quali i giocatori possano sperimentare narrazioni.
Crisis Core – prequel di FFVIIè un gioco in cui i giocatori sanno che i personaggi giocabili dovranno morire allo scopo di completare la narrazione. Questo significa che il gioco non può essere battuto. La ricompensa ultima nel giocare Crisis Core non è sconfiggere il gioco, ma sperimentare il mondo di Gaia attraverso gli occhi di Zack e interpretare il testo attraverso la sua collezione di significanti. È l’espressione definitiva del testo scrivibile di Barthes – un testo che il fruitore vuole espandere rivalutando il nucleo narrativo attraverso altri punti d’ingresso.

(da Benjamin Chandler, The spiky-haired mercenary vs. the French narrative theorist: Final Fantasy VII and the writerly text, in Final Fantasy and Philosophy)

 

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