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mercoledì 9 aprile 2025

il dilemma del porcospino (filosofia di evangelion 2di2)

Terza domanda: essere nel mondo. Se l'identità è fortemente caratterizzata dalla narrazione che facciamo di noi stessi, questa autonarrazione si arricchisce con l'esperienza dei racconti altrui che entra a far parte della propria biografia. Geniale, in questo senso, la metanarrazione dell'episodio 26: nel momento in cui Shinji si rende consapevole di essere simbolo e immagine narrativa che mostra agli altri, assume forme statiche diverse proprio a sottolineare come lui sia tutte quelle narrazioni che devono essere rielaborate in un unico stile che è il proprio stile.
Nella serie gli angeli sono una contro-narrazione, un racconto diverso che scava e sfida l'animo umano. Innanzitutto, mettono in crisi la certezza nel progresso, secoli di fiducia verso il quale sono dissolti di fronte a qualcosa di alieno. Poi, mentre tutti i protagonisti umani sono profondamente convinti di bastare a se stessi, gli angeli li costringono a collaborare, dimostrando che nessuno si salva da solo. E ancora, mettono in crisi la convinzione di poter proteggere la propria intimità. Ma gli angeli sono uguali all'uomo al 99,89%, il vero nemico in Evangelion è l'altro in tutte le sue forme e gli angeli non sono che un artefatto narrativo per esemplificare l'alieno, ciò che è assolutamente altro da me, il diverso per eccellenza. Il conflitto è prospettico, e si fonda sull'errata credenza che solo un punto di vista sia quello corretto: l'unico modo di uscire da questo conflitto è abitare l'ultima domanda.

Quarta domanda: risolvere l'intricato e delicato dilemma del porcospino. Tre sono le possibili soluzioni.
La fuga. L'A.T. Field - Absolute Terror Field - difende dagli altri grazie al terrore che provoca l'intimità. La solitudine è innalzata come muro difensivo che impedisce di essere alla mercé di chicchessia, proteggendo dal dolore. Ma non può essere questa la soluzione, poiché l'obiettivo principale è quello di scaldarsi insieme ai propri simili: fuggendo ci si preserva dal dolore della relazione solo per accettare una lenta morte per congelamento.
La compenetrazione. Dissolversi e unirsi per diventare una sola cosa. Si ottiene la cessazione del dolore ma non la felicità, solo il riposo della morte dell'io. Anche il ricongiungimento, quindi, come la fuga dal dolore, non è perseguibile, neanche questa seconda soluzione è soddisfacente, poiché è l'eliminazione del problema per mezzo della cessazione dei soggetti coinvolti. Si deve, invece, accettare la propria esistenza e, con essa, il proprio dolore per risolvere il dilemma del porcospino.
La coesistenza. Accettare la sofferenza generata dall'altro. Non è possibile risolvere il dilemma del porcospino senza che ci siano altri porcospini. La soluzione è affrontare il rischio e esporsi agli altri: superare il timore di essere ferito andando verso il prossimo e provando a aprire una soglia di felicità, vivere una vita piena di esperienze rischiando di essere feriti.

lunedì 7 aprile 2025

essere se stessi, essere per gli altri (filosofia di evangelion 1di2)

Di Fausto Lammoglia avevo già letto e apprezzato Filosofia di L'attacco dei giganti, un saggio popfilosofico che non è una lezione di filosofia in cui si studiano i grandi filosofi attraverso un prodotto della cultura pop, ma un dialogo con un prodotto di pop culture per fare insieme a esso e al lettore filosofia. Dello stesso tenore e valore si rivela anche questo appena uscito Filosofia di Neon Genesis Evangelion, che non spiega la filosofia attraverso la serie televisiva anime sceneggiata e diretta da Hideaki Anno e prodotta dallo studio Gainax - capolavoro denso e terribile quanto Essere e tempo di Martin Heidegger -, piuttosto fa attraversare al suo lettore domande profonde da abitare.

Prima domanda: essere se stessi. Partendo dall'imprescindibilità del corpo: Shinji e tutti i piloti non guidano gli Eva da remoto, ma entrano in simbiosi con la loro unità provando dolore fisico tanto da passare più tempo in ospedale che a bordo, e sotto la corazza delle unità Evangelion non ci sono cavi ma carne e sangue tanto che la loro vera natura è la loro animalità e fisicità. Shinji dovrà imparare da e con il suo corpo, riconoscere ciò che sente e prova, per potersi impossessare della sua persona, per imparare a essere se stesso. Rivelatore il fatto che le entry plug siano posizionate nella nuca e che il quinto chakra che connette anima e corpo sia proprio quello del collo (come avviene, del resto, anche in Attacco dei giganti, noto è il debito di stima che Isayama ha con l'opera di Anno).
Per essere se stessi è anche però necessario il riconoscimento attraverso l'altro - come ha chiaramente spiegato Hegel -, e infatti i piloti degli Eva cercano continuamente di essere riconosciuti come portatori di valore. Shinji, pur volendo continuamente fuggire, affronta le prove quali tentativi di recuperare un significato esistenziale agli occhi degli altri - quasi che implori preoccupatevi per me, prestatemi attenzione, siate gentili con me, abbiate cura di me. Asuka cerca di ottenere il suo posto nel mondo brillando in ciò che fa (a scuola, come pilota) e cercando di imporsi come donna (anche se così perde in partenza la sua possibilità di essere riconosciuta come persona poiché alla fine presenta se stessa come oggetto). 

L'incontro con l'altro diventa esperienza di limite e confronto, di revisione e ricostruzione della propria identità. E così la seconda domanda è: essere per gli altri. Come insegna il dilemma del porcospino presentato da Schopenhauer, è molto complesso trovare la distanza adeguata per poter essere se stessi insieme agli altri. La soluzione più semplice per essere riconosciuti sarebbe quella di assecondare l'altro, ma il rischio è così quello di non trovare una propria identità autonoma. Identificando se stessi con le aspettative altrui e sociali, con comportamenti culturalmente codificati, con funzioni strumentali ed etichette lavorative o legate al genere, si finisce per convogliare le energie vitali nella performatività, in modo da aderire quanto più perfettamente ad un ruolo, e ciò porta l'individuo pericolosamente vicino a esplodere o implodere, soverchiato dalla pressione sociale come spiega Marcuse. Si semplifica la vita, si rinuncia a scegliere per evitare le responsabilità che ne conseguono, ma si rimane ingabbiati in un'esistenza inautentica.
I piloti delle unità Eva fanno tutto ciò che fanno per essere riconosciuti e, di conseguenza, per riconoscersi. Convinti di non aver valore di per sé, i piloti trovano un loro significato nelle etichette che hanno ricevuto: l'Eva, la loro funzione, è tutto ciò che hanno, ossia tutto ciò che sono. Combattono per mettersi in mostra, per eccellere, per poter essere lodati, riducendo il loro essere alla loro funzione - ad eccezione di Toji che mostra invece una dimensione relazionale dell'esistenza e non prestazionale. Ma ridursi alla propria performatività, al bisogno di apparire e soddisfare una richiesta proveniente da altri, dissolve la possibilità di essere per sé, come spiega Sennett.
In fondo è tutta questione di distanze. Il cammino di Shinji è il tentativo di trovare un equilibrio tra l'isolamento e la dissoluzione negli altri; l'equilibrio necessario a non ferirsi senza per questo rimanere solo.

domenica 23 novembre 2014

il palmo della mano

Dopo quasi vent'anni di irregolare pubblicazione periodica, arriva il finale del manga Neon Genesis Evangelion, di Yoshiyuki Sadamoto.
Il protagonista, il timido adolescente Shinji Ikari, è posto davanti alla possibilità di realizzare un'utopia, il perfezionamento dell'uomo: lo "scioglimento" di ogni individuo fino a rendere l'umanità tutta una cosa sola, nella confortevole e gradevole condizione immersiva di non sentire più nulla. Eppure egli preferisce e sceglie di rifiutare e tornare al mondo di prima, in cui le mani e le voci degli altri lo feriranno, di nuovo.
"Le mani degli altri finiranno forse per farmi male. Le mie mani faranno forse del male agli altri. Le mani congiunte forse un giorno si allontaneranno tra loro. Io però, nonostante questo, vorrei ancora una volta tenerti per mano".

 


sabato 19 aprile 2014

estetica e immaginario dei manga

Nell'analisi dell'estetica e dell'immaginario nel Giappone contemporaneo affrontata in Filosofia nei manga, Marcello Ghilardi rintraccia nel fenomeno dell'amalgama tra l'est e l'ovest, il vecchio e il nuovo, la lunga eredità culturale nipponica e la modernizzazione occidentale, l'origine del manga moderno: "la fascinazione, l'interesse e la volontà di apprendere le tecnologie dell'Europa e dell'America, di incorporare l'esteriorità di questi mondi, si scontra con una tendenza contrapposta, che si può definire 'essenzialista'" e che intende garantire la specificità della cultura nazionale, il che porta a un'ibridazione espressa dalle formule 'spirito giapponese, cultura occidentale' (wakon yōsai), o 'moralità giapponese, tecnica occidentale' (tōyō dōtoku, seiyō gijutsu). Il risultato estetico di tale commistione è uno stile definibile superflat (come il movimento artistico fondato da Takashi Murakami), "una nuova modalità di integrazione di culture e subculture, forme di crasi tra universi di significato distinti e dimensioni iconiche che pescano ovunque riferimenti, citazioni, prestiti visuali. Se dunque la situazione culturale del Giappone contemporaneo è questa (con)fusione e tensione insieme di elementi tradizionali e futuristici, orientali e occidentali, conservatori e progressisti, i manga moderni con le loro narrazioni e immagini integrano queste forme e le ricombinano, prestazione sociale e culturale con cui si saggia la possibilità di tenuta dell'identità dell'odierno Giappone.
Ancora oggi i manga - immagini (ga) frammentate, rapsodiche, sciolte, libere (man) - "continuano a privilegiare la figurazione tradizionale in bianco e nero, seguendo l'estetica della pittura tradizionale cinese e giapponese" che si preferisce libera dalla bassa intenzione mimetica del colore e che si costituisce, invece, come esercizio quasi ascetico, percettivo e mentale, di riduzione e intensificazione insieme, di massima espressività con il minimo dei mezzi, in un'immagine dalle infinite tonalità di grigi, integrando pittura e calligrafia, disegno e scrittura. Ma già l'opera di Hokusai, apprezzata in Europa come esempio di un'arte tipicamente nipponica, è informata da elementi occidentali e gli artisti giapponesi di inizio Novecento si fanno ispirare dalle opere dell'impressionismo europeo, a loro volta influenzate dalle stampe giapponesi di metà Ottocento, producendo un "circolo iconografico" di ibridazione e contaminazione che origina forme e contenuti a un tempo nuovi e antichi. 
"Il rapporto tra il mantenimento del legame con la tradizione e la capacità di rinnovarla, facendola così continuare a vivere, è stato descritto da una sequenza di tre termini, tre gesti o momenti che nelle arti tradizionali descrivono il passaggio dal noviziato alla maturità di un artista. Questi tre termini sono shu, che significa 'difendere, proteggere, custodire'; ha, ovvero 'rompere, spezzare, distruggere'; ri, cioè 'lasciare, abbandonare, liberare'. A testimoniare la pervasività nella cultura giapponese di questi temi si può citare un esempio tratto da un famoso manga, Rurōni Kenshin (Kenshin, samurai vagabondo), in cui la dinamica di shu-ha-ri è riproposta nella versione di un duello tra maestro e allievo. La presenza minacciosa del Maestro, che deve essere affrontato, è al centro della scena, è il motore intorno a cui ruotano le possibilità di sviluppo e di crescita del protagonista. È una Alterità interiorizzata, che guida nella tensione verso l'ideale di perfezione; [ma] l'allievo deve sganciarsi da quella presenza schiacciante, imparando a costruire una sua propria 'forma', che non sia più imitazione di quello ereditato ma sia il suo proprio; deve 'rinascere' a sé e creare qualcosa di nuovo. Adesione a modelli trasmessi, rottura con quei modelli (attraverso l'incorporazione di elementi estranei), liberazione sia dai modelli che dalla rottura nei loro confronti per aprirsi a un nuovo orizzonte e creare una nuova forma". Questa la filosofia giapponese che emerge nei manga.

domenica 11 agosto 2013

letture di agosto (I)

Le letture della prima decade di agosto.
Come già scritto, avendo iniziato a leggere il manga GTO, non potevo non dedicarmi parallelamente anche alla lettura del romanzo di Sōseki Natsume Il signorino, che è uno dei libri preferiti dal protagonista del fumetto. Il bocchan (signorino, in senso di affettuoso rispetto, ma insieme anche di ragazzino immaturo) e il Great Teacher Onizuka possiedono in effetti tratti caratteriali in parte simili: impulsivi e poco riflessivi, fumantini se non propriamente collerici, sinceri quasi forse fino all'ingenuità, coraggiosi, più portati alla lealtà che alla convenienza, all'onestà che alla carriera o alla formale reputazione, amanti del cibo e di sollazzi materiali, del fare a botte e del prender parte a divertenti risse; insegnanti dai metodi educativi forse poco ortodossi, spicci e concreti, ma indirizzati alla giustizia più che alle regole, regolamenti e leggi ("Se vogliamo che una persona si scusi sinceramente, l'unico sistema è suonargliele di santa ragione, fino a fargli rimpiangere davvero di essersi comportato male", anche se questa persona fosse uno studente, che poi... "Altro che bambini... quei ragazzi erano più grossi di me! Quindi avevo tutti i diritti di punirli e ripagarli della stessa moneta"); avversi a società, istituzioni e individui ipocriti, affettati, raffinati e sofisticati ("A pensarci bene, la maggior parte della gente incoraggia gli altri a comportarsi male. Tutti sembrano convinti che sia necessario per aver successo. Quelle rare volte in cui posano gli occhi su un uomo onesto e pulito, lo disprezzano, gli danno del ragazzino immaturo, del bambino. Se le cose stanno così, alle elementari e alle medie gli insegnanti di etica farebbero meglio a non esortare gli alunni a dire sempre la verità e ad agire onestamente. Sia per la società che per l'individuo, sarebbe meglio che a scuola si insegnasse l'arte di mentire, di diffidare di tutti e di ingannare i propri simili"). Insomma, un'ottima lettura in un perfetto momento.

Non del tutto convincente l'esperienza di lettura di John Irving con il suo romanzo Il mondo secondo Garp: a parte che il protagonista mi è stato antipatico per quasi tutto il tempo della storia, avendo io in sospetto uno scrittore che non ama particolarmente leggere e che per di più è addirittura lui a guardare con sospetto chi legge troppo (inconcepibile per me); comunque, la narrazione è sicuramente ben architettata e scritta, ma forse anche troppo e in modo troppo costruito, consapevole e compiaciuto, finendo per essere forse un fumettone o una soap opera (termini entrambi usati in senso piuttosto negativo nel romanzo stesso) ricchi di episodi un po' stupidi, capricciosi e non necessari, un'opera insieme comica, brutta e bizzarra (altri concetti critici presi dal romanzo stesso), anche se assolutamente coerente e valida (ma non 'vera') dal punto di vista letterario.

Deludente la lettura del fantasy anni '80 Terra di mutazioni di Roger Zelazny: storiella scadente, scontata, buttala là tra avventura, magia e humor. Riproverò con qualcosa di fantascientifico dello stesso autore, consigliato da Jonathan Lethem perché i suoi personaggi dai poteri straordinari e dall'etica sacrificale e supererogatoria dovrebbero avere assonanze con i supereroi dei comics.

Per il mooc (massive open online course) su modernità e postmodernità, infine, i due Discorsi di Jean-Jacques Rousseau, quello sulle scienze e sulle arti (ghirlande di fiori stese sulle catene di ferro di cui gli uomini sono carichi, produttrici di bisogni e lussi che degradano i costumi umani più che stimolarne il progresso) e quello sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini (dalla libertà, compassione e perfettibilità originali dell'uomo, alla dipendenza, vanità, disuguaglianza di una società di schiavi e padroni). Incredibile le ricorrenze di riferimenti al valore di Sparta.

venerdì 9 agosto 2013

great teacher bocchan

All'immersione nella lettura della serie di volumetti del manga GTO (Great Teacher Onizuka), ho accostato l'intermezzo/diramazione del romanzo di Sōseki Natsume Il signorino, visto che per l'insegnante protagonista della serie a fumetti rappresenta uno dei suoi libri preferiti. E le analogie tra i due caratteri del grande insegnante Onizuka e del bocchan (signorino/ragazzino) non sembrano essere davvero pochi.

"Se vogliamo che una persona si scusi sinceramente, l'unico sistema è suonargliele di santa ragione, fino a fargli rimpiangere davvero di essersi comportato male", anche se questa persona fosse uno studente, che poi... "Altro che bambini... quei ragazzi erano più grossi di me! Quindi avevo tutti i diritti di punirli e ripagarli della stessa moneta".


martedì 4 dicembre 2012

l'ordine del mondo, la via dell'uomo

In uno dei capitoli del suo Il Manga, corposo studio sulla storia e gli universi del fumetto giapponese, Jean-Marie Bouissou affronta la questione della morale nel manga.
Secondo l'autore, caratteristica dei protagonisti del manga è quella di seguire la propria via (dô) fino alla fine, qualunque cosa ciò possa costar loro, in un encomiabile accanimento verso la perfezione: «seguire la propria strada vuol dire obbedire a un'altra forma di morale universale che prescrive a ogni individuo di sapere chi è, di scegliere il proprio destino e, di conseguenza, di andare fino in fondo a ciò che questo implica».
Di conseguenza non è una netta distinzione tra il bene e il male il parametro morale adeguato a valutare l'etica nei manga, i cui eroi raramente sono tutti bianchi o tutti neri, presentando, invece, ognuno una certa parte d'ombra. L'unica figura, forse, che rappresenta senza ambiguità il male è, secondo Bouissou, il capo malvagio di una banda, in cui il male morale non risiede nella violazione di un comandamento trascendente, quanto piuttosto nell'incapacità individuale di riuscire a controllare il proprio ego. Il vero problema etico nel manga è, allora, quello della realizzazione di sé.
Due sono, secondo l'analisi dell'autore, gli itinerari principali messi in scena dal fumetto giapponese a tal riguardo: "seguire la propria strada" e "realizzare il proprio sogno". «Via e sogno rappresentano due risposte quasi opposte a una domanda essenziale che riguarda l'ordine del mondo: quella della realizzazione di sé e quella sul rapporto tra l'individuo e la comunità». L'eroe "da strada" non pretende affatto di mettersi al servizio del bene, la sua realizzazione non riguarda che lui, si tratta di un percorso solitario in cui l'eroe «deve assumere pienamente ciò che vuole essere, accettando di arrivare a eccessi che lo metteranno in disparte dalla comunità».
Se però si sopravvaluta la pur necessaria componente di "sforzo e sacrificio" e si snatura il principio che motiva l'eroe "da strada", ecco che la via si trasforma in sogno: «la realizzazione di sé si riduce all'acquisizione di un oggetto simbolico, di un'arte utile o di una posizione sociale gratificante». L'eroe "del sogno", spesso affrancato da figure genitoriali, vede compensata questa carenza parentale dalla sistematica presenza di una scuola o di un maestro: l'autorità del professore, la costituzione di una squadra, la competizione più o meno brutale compresa quella con gli amici, l'integrazione e la riproduzione della società, sono elementi archetipici delle storie e degli universi di cui sono protagonisti questi eroi.
Esiste tuttavia, conclude Bouissou, un terzo tipo di eroe, rappresentato da «uno spirito semplice e sincero, che si getta d'istinto nel combattimento per la giustizia, con un gran coraggio e una forza bruta che né calcoli né preoccupazioni di convenienza reprimono». Se l'eroe "da strada" non perseguiva altro che la propria perfezione, l'eroe "junjô" (questo il termine che indica un tale spirito) intende, invece, "guarire il mondo", restituire virtù a istituzioni pervertite e comunità disorientate. Diversamente dal riparatore di torti occidentale alla Robin Hood, questo eroe è di animo rozzo e si distingue «per la sua iconoclasta mancanza di conoscenza delle buone maniere, la sua cattiva educazione, i suoi appetiti spesso grossolani e la sua impulsività incontrollabile». Il "junjô" è il principio attivo dei bad boys, dei ragazzacci, delle canaglie, a cui una intatta «capacità di indignazione, il rifiuto dei compromessi e il disprezzo delle convenienze permettono di rimettere ordine nelle istituzioni sociali essenziali». A ben vedere, però, lo sguardo puro e semplice che essi rivolgono alla società si rivela fortemente conservatore.

venerdì 9 novembre 2012

eroico godimento

«Qui [un primo piano ci mostra Callaghan che guarda verso la banca e mastica, punta la pistola verso uno dei rapinatori che esce dalla banca e, con la bocca piena, gli intima di fermarsi, mentre un frammento di pane gli esce dalla bocca], come in Kung Fu Panda, il cibo ci dice qualcosa di importante: i nostri eroi non mettono in atto pratiche di rinuncia: non sono degli asceti. Il cibo rappresenta la cifra di un eroismo come eroismo del godimento che si alimenta dell'eccesso.» 

Al panda gigante e bulimico Po e all'hot dog di Dirty Harry, si può accostare la vertiginosa lista degli eroi di manga e anime che non si lasciano sfuggire occasione per ben nutrirsi, quali Naruto, Goku in DragonBall e Monkey D. Luffy (o Rufy o Rubber) in One Piece...



... e si può aggiungere all'elenco anche qualche supereroe dei comics come il mutante (X-Men e X-Force) e vendicatore Wolverine (il cui nome di battaglia, tradotto, sta per quel muscoloso mustelide carnivoro simile a un piccolo orso noto come gulo gulo, volverina o, appunto, ghiottone, dotato di una forza e una ferocia apparentemente sproporzionati alla sua taglia, un po' proprio come il nostro "tappo").
  



sabato 4 febbraio 2012

il fantasma della sovranità

Il termine greco phántasma rimanda a significati quali "far vedere", "mostrare", "ingannare", ed anche "spettacolo", "pompa", "fasto", "splendore". «Il fantasma allude dunque» – scrive Simone Regazzoni in Derrida. Biopolitica e democrazia – «a una dimensione di visibilità spettacolare intangibile di un corpo disincarnato, alla sua visibilità come apparizione, mostrazione, messa in scena, spettacolarizzazione». Il filosofo francese Jacques Derrida fa uso del termine "fantasma" in riferimento alla sovranità, intendendo con ciò «sia l'apparire di un corpo disincarnato, il suo mostrarsi spettacolare, sia una costruzione immaginaria, di finzione», ovvero una sorta di freudiano totem, un sostituto, una «marionetta-feticcio-fallo», una illusione o fiction narrativa «esplicitamente fallica: una fiction in cui è in gioco un'erezione assoluta, colossale, che supera tutte le altre. D'altra parte il termine sovrano viene dal latino superanus: colui che supera tutti». 
È Derrida stesso a stabilire la corrispondenza tra fallo e marionetta: «Come sapete, il phallos, che non è il pene, indicava in un primo tempo in Grecia e a Roma, in occasione di alcune cerimonie, il simulacro, la rappresentazione figurata di un pene in erezione, duro, rigido proprio come una bambola gigantesca e confezionata artificialmente. Il phallos è, esso stesso, una sorta di marionetta. Se il fallo è automa e non autonomo, se ha qualcosa, nella sua tensione, nella sua durezza, di involontario e di meccanico, e che lo sottrae alla responsabilità dell'uomo, è il proprio dell'uomo oppure, già reciso dall'uomo, è un "qualcosa", una cosa, un cosa inumano? Se quindi il phallos, l'erezione fallica, è una macchina ma anche l'attributo della sovranità, si sarebbe tentati di dire che questo attributo della sovranità, della sua maestà, della sua grandezza o della sua altezza eretta, questo attributo del sovrano non è un attributo dell'uomo, del proprio dell'uomo, né d'altra parte di nessuno, né dell'animale né di Dio» (La bestia e il sovrano. Volume 1).
«La sovranità, in altri termini,» – conclude Regazzoni – «non esiste – se non come fantasia o fiction fallica e teologico-politica».

Irriverentemente (?) accosto a questa analisi il manga Masurao, scritto e disegnato da Shinichi Sakamoto, in cui si combatte per il titolo del più possente tra gli uomini, titolo cui ogni maschio aspira perché legato ad una spropositata virilità.


giovedì 19 gennaio 2012

la stirpe della sirenza

La storia de La stirpe della sirena, manga di Satoshi Kon realizzato nel 1990, presenta la contrapposizione, tipicamente giapponese (ricorda molto anche un certo Hayao Miyazaki, infatti), tra la conservazione del patrimonio naturale e culturale di una piccola comunità e la cieca avanzata del progresso che tutto vuole assorbire e modificare. All'interno di questo scenario, si inserisce la leggenda di un patto tra una famiglia del posto e una sirena, che in cambio della custodia di un suo uovo da parte degli umani garantisce protezione e un mare tranquillo e pescoso.
Cosa succederebbe se tale patto si dovesse rompere, se la promessa di custodire l'uovo della sirena non potesse essere mantenuta? Questo è il rischio che l'ammodernamento della comunità marittima provoca.La trama non originalissima è però accompagnata da un disegno realistico, piacevole e pulito.

giovedì 12 gennaio 2012

un viaggio in occidente

Saiyuki, un manga di Kazuya Minekura, è una interpretazione/rimediazione della famosa leggenda cinese, dello scrittore Wu Ch' eng-en, dello scimmiotto di pietra Sun Wukong, narrata nel libro Viaggio in Occidente (in giapponese, appunto, Saiyuki): i protagonisti di questo fumetto sono, infatti, il monaco Sanzo, che equivarebbe appunto al monaco della storia inizale; Son Goku, appunto la scimmia protagonista della storia; Sha Gojyo e Cho Hakkai, coloro che accompagnano i due nel loro viaggio e che prendono i ruoli dei due accompagnatori della leggenda originaria (un demone fluviale, dai giapponesi recepito come affine al kappa, ed un maiale).
Uno dei kanji che la Minekura usa per scrivere Saiyuki è diverso da quello usato per "Viaggio in Occidente" e, con un gioco di parole, pur leggendosi allo stesso modo, cambia il significato in "Viaggio all'Estremo".



La leggenda cinese del Viaggio in Occidente era già stata ripresa da un vecchio anime, The Monkey, e il personaggio di Son Goku, con la sua potente arma, il nyoibo, un bastone che si allunga a suo piacimento, è alla base anche dell'omonimo personaggio protagonista della serie Dragon Ball.



Anche un anime fantascientifico, Starzinger, è una rimediazione della stessa storia cinese: narra, infatti, il viaggio verso il Grande Pianeta della principessa Aurora, accompagnata da Cogh (che lottare nello spazio sa, col cerchietto d'oro in testa e il bastone allungabile), Gorgo (che sotto i mari lotterà, come un kappa, creatura marina) e Hakka (che in terra ci difenderà, massiccio come un maiale).


Edito il post perché ieri mi è stata segnalata da un mio ex studente l'uscita di un altro manga che riprende la leggenda del viaggio in Occidente, Saiyukiden di Katsuya Terada. Oggi stesso l'ho comprato.


giovedì 5 gennaio 2012

crying freeman, il film

La versione per il grande schermo dello splendido manga di Kazuo Koike (autore anche di Lone Wolf & Cub) e Ryoichi Ikegami, Crying Freeman, è stata una coproduzione franco-canadese-americana del 1995, diretta da Christophe Gans. 
Molto belli i titoli di testa: «centimetro per centimetro la telecamera esplora il corpo muscoloso di un uomo, virato all'azzurro da un filtro colorato. Sulla pelle liscia e glabra si agita la sagoma policroma d'un drago cinese che morde una lama: avvolge l'uomo come una seconda pelle, poi lo abbandona puntando un cielo nero».
Così inizia l'articolo di Giorgio Viaro che fa da postfazione al terzo volumetto del manga. Personalmente concordo con lui quando sostiene che «le riduzioni richiedono una capacità di comprensione della materia a cui si applicano che travalica la semplice passione del fan e che necessariamente deve spingersi, in parallelo, tanto nella disamina dei meccanismi narrativi dell'opera (e, ancor prima, del media su cui nasce), quanto in quella degli snodi simbolici e diegetici che hanno determinato la fondazione del mito in adozione». Ma, proprio per questo, non posso concordare con la sua opinione che il risultato sia un film apprezzabile da tutti, fans e non del manga originale: non ritengo di avere l'oggettività necessaria per dire se il film potrebbe piacere a chi non conosce il manga, ma di certo è un prodotto che non può che lasciare insoddisfatto ogni suo appassionato ed estimatore. 
Va bene che non si poteva raccontare tutta la storia, va bene che si narrino solo le vicende dei primi due (dei tredici) capitoli di cui è composto il manga (cioè un volumetto e poco più su cinque), ma i problemi sono ben altri: la scelta degli attori protagonisti, troppo "belloccia" classica lei (mentre Emu Hino dovrebbe avere una bellezza più semplice, sommessa, particolare), troppo poco bello lui (mentre Yo Hinomura è un ottimo killer anche per il suo bel viso); le totalmente insensate rappresentazioni di alcuni personaggi, come Koh (che da migliore amico del Freeman e a lui totalmente devoto e fedele viene trasformato in un suo "supervisore" disposto anche a ucciderlo), la vecchia Hu Fengling (che non è assolutamente maligna come viene descritta) e, in generale, l'organizzazione dei cento otto draghi (che nel manga è una famiglia pronta ad accogliere la nuova venuta, pur mettendola alla prova, e non gelosa e contraria alla sua presenza nella vita del Freeman); l'assenza di alcune scene fondamentali, soprattutto quella della nascita della relazione tra l'assassino e la ragazza (così com'è descritta, alla svelta, non ha senso tutto il resto del film, la scelta di lui di non ucciderla e quella di lei di seguirlo) e quella della tatuazione (ricca di valore narrativo ed emotivo nel manga); l'eccessiva violenza degli scontri, mentre il Freeman è decisamente più elegante nel manga; in generale, poi, la totale mancanza dello struggente romanticismo e dell'erotismo del manga.  
Perciò, contrariamente a Giorgio Viaro, credo che il film tradisca completamente lo spirito e l'equilibrio narrativo del manga.

venerdì 23 dicembre 2011

drago di nuvola, tigre di vento

Quello è il luogo in cui il nostro signore commise seppuku*, e voi eseguiste il suo kaishaku**.
Il nostro duello ebbe luogo più o meno laggiù. 

Il fiume scorre, e l'acqua non è mai identica a se stessa. Anche le nuvole sono in continuo movimento; e il sole e la luna sono eterni viaggiatori.
Il samurai non volge mai lo sguardo al passato. La vita nella morte: è tutto ciò che abbiamo. 

Ciò che dite è vero: non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume.
Il dovere del bushi*** è quello di vivere con la morte costantemente nel cuore, giorno e notte.

(Lone Wolf & Cub, 36 (VII), Drago di nuvola, tigre di vento).


*seppuku: il diritto che ogni samurai aveva di uccidersi con onore; armati di coltello, dovevano squarciarsi l'addome con un taglio orizzontale, quindi dovevano girare la lama senza estrarla e praticare un taglio verticale che serviva a far fuoriuscire l'intestino; in alcuni casi la cerimonia era completata da un kaishakunin, che poneva fine alle sofferenze del samurai tagliandogli la testa.
**kaishaku: durante il rito del seppuku, a un samurai era concesso di morire con onore squarciandosi l'addome; eseguita l'incisione, un "padrino" (kaishakunin) compiva il kaishaku, tagliandogli di netto la testa per accelerarne la morte.
***bushi: samurai, membro della classe dei guerrieri.

C'è davvero bisogna di far notare come in questo manga sia citata esplicitamente la filosofia di Eraclito contenuta nei famosi frammenti sulle acque del fiume, sulla natura fluttuante di una realtà in eterno divenire? 

[fr.B12] Acque sempre diverse scorrono per coloro che s’immergono negli stessi fiumi.
[fr.B49a] Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo.
[fr.B91] Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte.


lunedì 19 dicembre 2011

la gru gelata

Nel cuore dell'inverno, la gru ripiega una zampa e nasconde la testa sotto un'ala, restando completamente immobile.
Ecco cosa significa sopravvivere unicamente grazie al proprio coraggio!
Itezuru, la gru gelata! La sua bellezza consiste appunto in questa sua lotta disperata.
Lei non oppone resistenza e non si lamenta. Ma anzi fa affidamento solo su se stessa, sfruttando la propria forza fino all'ultimo barlume di energia.
Non è forse questa la via di tutti coloro che seguono il proprio cuore?

(Lone Wolf & cub, 40 (VIII), La gru gelata)

sabato 10 dicembre 2011

dalle stelle...


... alle stalle

mercoledì 2 novembre 2011

il drago e la tigre

Conosci il detto “come gli uccelli Biyi e I rami congiunti”? Sono parole usate da Bai Letian nel Canto del rimpianto eterno. «… Fossimo stati, noi, due uccelli Biyi che condividono un solo paio d’ali per volare nel cielo, o in terra due rami congiuntisi in uno soltanto…»
L’uccello Biyi è una creatura immaginaria dei tempi antichi. La femmina e il maschio hanno ciascuno un solo occhio e una sola ala e volano sempre insieme. Vale a dire che ognuno di loro non riuscirebbe a volare in mancanza dell’altro.
Due rami congiunti sono quelli che crescendo da opposte direzioni si sono incontrati e ora combaciano tanto perfettamente da formare un unico pezzo di legno.
Perciò, gli uccelli Biyi e i rami intrecciati sono una metafora dell’amore profondo tra un uomo e una donna. Un amore inseparabile, due cuori che sono come uno, tanto che se uno dei due morisse, quello rimasto non riuscirebbe più a vivere… il senso è questo.
Però noi due non possiamo permetterci di essere così. Per quanto legati da un amore forte e profondo… non dobbiamo “condividere un solo paio d’ali”.
Noi, dunque, non siamo uccelli Biyi né rami congiunti, siamo un drago e una tigre! Il nostro amore è quello di un drago e una tigre, entità indipendenti!

(Kazuo Koike,
Crying Freeman)


lunedì 24 ottobre 2011

nel paese dei fiori di ciliegio

Su consiglio di Dreca ieri sera ho letto il manga di Fumiyo Kono Hiroshima. Nel paese dei fiori di ciliegio. Una delicata, dolce, toccante storia ambientata nella cittadina nipponica prima e dopo la tragedia dell'esplosione di Little Boy, la bomba sganciata la mattina del 6 agosto 1945 dall'aereo statunitense Enola Gay. Un racconto che, nelle intenzioni dell'autrice, serve in qualche modo a far crescere chi lo legge "forte e gentile come un ciliegio".

Dopo l'acquazzone di ieri sera, qui è tutto luccicante. C'è stata una bella invasione di lumache.

venerdì 14 ottobre 2011

fumetti e cartoni

Due brevi saggi pubblicati dalla Tunué, casa editrice specializzata in fumetti e "cose" del genere.
sergio algozzino tutt'a un trattoIl primo è stato Tutt'a un tratto, una storia della linea nel fumetto presentata da Sergio Algozzino: si parte dalle origini di fine XIX secolo negli Stati Uniti e si passa per l'Italia del Corriere dei Piccoli, per il fumetto europeo (franco-belga) e di cultura ispanica (Spagna e Argentina), per i comics supereroistici a stelle e strisce seguendo tutte le loro età fino alle innovazioni di Frank Miller e Todd McFarlane, per i rivoluzionari manga da Osamu Tezuka a Go Nagai e Rumiko Takahashi, per il fumetto italiano d'autore (da Jacovitti ad Andrea Pazienza).
davide g.g. caci i simpson, i griffin & co.Poi è seguita la storia delle sit-com animate - dalla preistoria dei Flintstones ai giorni nostri - raccontata da Davide G.G. Caci in I Simpson, I Griffin & Co. Anche in questo caso si parte dalle origini del fenomeno, con i prodotti a basso costo perfettamente adatti al medium televisivo di Hanna e Barbera, e si arriva alla rivoluzione dei primi anni Novanta, iniziata dai gialli e cattivi Simpson e portata avanti, tra gli altri, dalle famiglie Hill (King of the Hill), Griffin, Smith (American Dad!), Boondocks, e dai protagonisti di Daria e South Park, tutte serie che manifestano in pieno le potenzialità di un linguaggio capace di parlare anche al pubblico adulto.
I due volumi soffrono un po' dello stesso difetto: sono troppo aneddotici, funzionano da elenco e promemoria da consultare, ma restano decisamente superficiali, non adatti a fungere da strumenti di analisi e per questo, per me, alla fine poco interessanti. Peccato.

domenica 25 settembre 2011

l'immagine del signore

Nei capitoli 13-15 (volume 2) del suo manga Billy Bat, Naoki Urasawa ambienta la sua storia all'epoca di Cristo e presenta la figura di un giovanissimo Giuda che si interroga su quale sia l'immagine del Signore. Le tavole del mangaka presentano due pipistrelli, uno bianco e uno nero anche se sembrano indistinguibili, in perenne conflitto tra di loro. Quando il bambino chiede loro se sono Dio, la risposta contraddittoria dei due è «certo!» e «no!», poi, dopo un violento bisticcio, concludono «decidi tu se noi siamo o meno Dio!».


È presente nel manga anche la figura di Cristo, che in una tavola spazza via i mercanti che infestavano il tempio di Gerusalemme con una furia seguita da un sorriso.
 

lunedì 12 settembre 2011

tu mi ricordi il sole

Tu saresti in grado di rappresentare il sole per qualcuno? Pensi di poter restare a lungo "il sole" per quel bambino?

Da quando ho incontrato quell'essere rumoroso non sto per niente bene.
Gli occhi e il collo sono stati i primi a risentirne. Nessuno sa di cosa sarebbe capace quando si distoglie lo sguardo da lui, che non fa che muoversi qua e là.
Poi hanno cominciato a farmi male la gola e gli addominali. Per la prima volta in vita mia ho scoperto che alzare la voce si ripercuote con forza sulla pancia.
In seguito le gambe. Quell'essere ha le gambe corte ma quando deve scappare è inaspettatamente veloce. Di recente mi sveglio spesso di notte per i crampi ai polpacci, accidenti.
Anche le spalle sono indolenzite. D'altronde, visto che è così piccoletto da arrivarmi solo alla vita, quando senza neanche il minimo pudore solleva gli occhi verso di me, gli concedo il favore di guardarlo a mia volta.
E poi... e poi.

(da Saiyuki Gaiden)


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