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giovedì 17 luglio 2014

noi che abbiamo l'animo libero

Nel saggio a quattro mani Noi che abbiamo l'animo libero Edoardo Boncinelli e Giulio Giorello fanno incontrare due grandi personaggi del teatro di Shakespeare: il primo, biologo e genetista, racconta un Amleto capace di prendere decisioni "non nel mezzogiorno della certezza, ma nel crepuscolo della probabilità" (John Locke), di giocare d'azzardo di fronte all'invisibile ma senza scommettere in modo del tutto arbitrario o irrazionale, di agire coraggiosamente nelle nebbie del domani, lui che sostiene che "chi ci fece con tanto discernimento, capaci di guardare in avanti e indietro, non ci diede tali abilità e una ragione quasi divina perché ammuffissero in noi per il disuso"; il secondo, filosofo, descrive invece una Cleopatra smisurata nel piacere, posseduta da un eroico/erotico furore che corrisponde all'immenso dell'universo nuovo di Copernico e Bruno. Dopo i due singoli saggi, gli autori completano l'opera incontrandosi e facendo incontrare i personaggi shakespeariani in un dialogo in cui la pazzia di Amleto e la dismisura d'amore di Cleopatra sono entrambe espressioni del nuovo cielo - di una diversa immagine dell'universo - e della nuova terra - di una differente concezione dell'esistenza umana -, del cosmo infinito in tutte le direzioni in cui Shakespeare ci mostra come si vive, nelle diverse sfumature della fosca malinconia amletica e dell'entusiasmo di Cleopatra. In entrambi i casi, comunque, "noi che abbiamo l'animo libero" troviamo ragioni per non arrendersi di fronte a questo infinito.

sabato 19 novembre 2011

il veleno della curiosità

More about La questione del metodoL'altro giorno mi hai domandato com'ero entrato nei frati. Ebbe', è stato per il sapere e "nonostante" quella gente. Ho detestato il metodo e la pedanteria dei grammatici che si accaniscono sulle parole e dimenticano la realtà di cui trattano. Confondono lingua e filosofia, e arrivano anche al punto di correggere gli autori studiati ma sono incapaci di capire ciò che dicono veramente sul fatto d'esser vivi. Hanno fatto di tutto per scoraggiarmi, ma il veleno della curiosità era ormai inoculato. I cattivi maestri possono disgustarti così come possono spingerti a mostrare quanto si sbagliano.

martedì 23 agosto 2011

verso l'infinito e oltre

Questo il motto del famoso giocattolo astronauta Buzz Lightyear, uno dei protagonisti di Toy Story - Il mondo dei giocattoli, primo lungometraggio d'animazione completamente sviluppato in computer grafica.
La stessa voglia, desiderio di infinito, di libertà, la si ritrova in Bruno il nolano, e soprattutto in alcune sue poesie contenuto ne Gli eroici furori (da intendersi come erotici furori, cioè furori d'amore, che è proprio la forza che
come già Platone filosofava mette le ali, fa spuntar le penne sulla schiena).


Poi che spiegat'ho l'ali al bel desio,
quanto più sott'il piè l'aria mi scorgo,
più le veloci penne al vento porgo,
e spreggio il mondo, e vers'il ciel m'invio.
Né del figliuol di Dedalo il fin rio
fa che giù pieghi, anzi via più risorgo.
Ch'i' cadrò morto a terra, ben m'accorgo;
ma qual vita pareggia al morir mio? 

Quindi l'ale sicure a l'aria porgo
né temo intoppo di cristallo, o vetro,
ma fendo i cieli, e a' l'infinito m'ergo.
E mentre dal mio globo a gli altri sorgo,
e per l'etereo campo oltre penétro,
quel ch'altri lungi vede lascio al tergo.

lunedì 8 agosto 2011

al di là del vetro

Il Nolano ha disciolto l'animo umano e la cognizione, che era rinchiusa ne l'artissimo carcere de l'aria turbulento; onde a pena, come per certi buchi, avea facultà de remirar le lontanissime stelle, e gli eran mozze l'ali, a fin che non volasse ad aprir il velame di queste nuvole e veder quello che veramente là su si ritrovasse, e liberarse da le chimere di quei, che con moltiforme impostura han ripieno il mondo tutto d'infinite pazzie, bestialità e vizii, smorzando quel lume, che rendea divini ed eroici gli animi di nostri antichi padri, approvando e confirmando le tenebre caliginose de' sofisti ed asini.tullio pericoli, al di là del vetro
Or ecco quello, ch'ha varcato l'aria, penetrato il cielo, discorse le stelle, trapassati gli margini del mondo, fatte svanir le fantastiche muraglia de le prime, ottave, none, decime ed altre, che vi s'avesser potuto aggiongere, sfere, per relazione de vani matematici e cieco veder di filosofi volgari; cossì al cospetto d'ogni senso e ragione, co' la chiave di solertissima inquisizione aperti que' chiostri de la verità, che da noi aprir si posseano, nudata la ricoperta e velata natura, ha donato gli occhi a le talpe, illuminati i ciechi che non possean fissar gli occhi e mirar l'imagin sua in tanti specchi che da ogni lato gli s'opponeno, sciolta l
a lingua a' muti che non sapeano e non ardivano esplicar gl'intricati sentimenti, risaldati i zoppi...
(Bruno, La cena de le ceneri


L'illustrazione è Al di là del vetro (1985), di Tullio Pericoli, che ricorda una nota raffigurazione simbolica della dissoluzione dell'immagine medievale del mondo (tema del passo bruniano) rappresentata in una xilografia a colori del 1888, ma realizzata nello stile del XVI secolo e infatti erroneamente considerata per lungo tempo come copia di un'originale del Rinascimento.


venerdì 24 giugno 2011

l'anima brucia più di quanto illumini

Io, immagine di Dio! Io che mi credevo vicinissimo allo specchio dell'eterna verità, io, superiore a un cherubino, io che osai godere, pieno di presentimenti, una vita divina. Io, che il tuono di una parola mi ha cacciato.
Ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e medicina, e purtroppo, anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima.
Vengo chiamato Maestro, anzi dottore e già da anni meno per il naso, in su e in giù, i miei scolari. E scopro che non possiamo sapere nulla.
cena de le ceneri bruno latellaCiò mi brucia quasi il cuore. Ne so, è vero, un po' più di tutti quegli sciocchi, dottori, maestri, scribi e preti; non mi tormentano né scrupoli né dubbi, né ho paura del diavolo o dell'inferno. Però mi è stata tolta in cambio di ciò ogni gioia; non mi metto in capo di sapere qualcosa di buono, non mi illudo di poter insegnare qualcosa, di saper rendere migliori o convertire gli uomini. Mi sono dato pertanto alla magia naturale, se mai il potere o la parola dello Spirito mi rivelassero qualche segreto. Per non dover dire, dopo così amare, sudate fatiche, quello che non so, per poter scoprire ciò che, nel profondo, tiene insieme l'universo e contemplare ogni attiva energia ed ogni primitiva sostanza e smetterla di rovistare tra le parole.
Ma no... non mi è lecito osare di rassomigliare a te. Ho avuto la forza di attirarti, ed in quel momento beato mi sentii così piccolo e così grande. Ma tu mi ricacciasti crudelmente dentro l'incerto destino degli uomini. Ed ecco, ora mi si dissecca il corpo e mi s'umetta il cervello; mi nascono i tofi e mi cascano gli denti, mi s'inora la carne e mi s'inargenta il crine; mi si distendono le palpebre e mi si contrae la vista, mi s'indebolisce il fiato e mi si rinforza la tosse; mi si fa fermo il sedere e trepido il camminare, mi trema il polso e mi si saldano le coste; mi si assottigliano gli articoli e mi s'ingrossano le giunture, mi s'indurano gli talloni e mi s'ammolla il contrappeso; l'orticello della cornamusa mi s'allunga, et il bordon s'accorta.

(dal libretto teatrale de La cena de le ceneri di Bruno, adattamento di Federico Bellini e regia di Antonio Latella)


Il testo di questo libretto di Antonio Latella sull'opera teatrale di Bruno ricalca un po' e in parte il travestimento che Edoardo Sanguineti fa del Faust di Goethe:

Ahimè, ahimè! ho studiato la psicologia dell'età evolutiva,
la sociologia delle comunicazioni di massa,
la bibliografia e la biblioteconomia,
la semiotica, la semantica,
la cibernetica, la prossemica,
l'informatica, la telematica,
la biologia - e, accidenti, l'ecologia - e poi
la micro e la macrofisica, la meta e la patafisica,
da cima a fondo, con tanto zelo!
E adesso, eccomi qui, povero idiota,
e furbo come prima.
Mi chiamano l'egregio, l'illustre, il chiarissimo,
e il prof, e il dott,
e il maestro, magari, madonna!
E sarà dal '77 - ma che dico io mai? - sarà dal '68, ecco,
che me lo meno, con i miei studenti.
Questa è una cosa che mi strazia il cuore.
E va be', sarò più erudito dei miei colleghi,
ordinari, straordinari, associati, aggregati, incaricati,
lettori, ricercatori, dottori di ricerca, assistenti, precari,
e tutto il personale non docente.
Né scrupolo né dubbio mi tormenta,
né diavolo né inferno mi spaventa.
Ma non ci ho niente la felicità:
niente di vero penso di sapere,
niente di niente riesco più a insegnare,
né gli uomini io mi spero migliorare,
né di riuscirci, il mondo, a trasformare:
e non ho beni, mobili né immobili,
né uno straccio di Nobel, né il Potere:
manco un cane può viversi così.
Dunque, mi son dato alla magia:
voglio vedere un po', se me lo scopro,
il segreto dell'essere dell'esserci,
il mistero dell'esserci dell'essere.
E così non va a finire
che ci sudo sempre a dire
tutte cose che non so.
Cerco invano di trovare
che cos'è che può legare,
strutturato, il mondo qui.
E dominerò, un giorno, le radici ultimissime
dell'energia e della materia,
e tutti quanti i quanta:
e non starò più a riciclarmi, almeno,
questa eterna immondizia di parole!

Afterhours, Dentro Marilyn
... l'anima brucia più di quanto illumini...

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