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Visualizzazione post con etichetta un weekend postmoderno. Mostra tutti i post
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domenica 6 novembre 2011

un weekend postmoderno (4)

More about Un weekend postmodernoDi questa seconda parte di Fauna d'arte del weekend postmoderno di Tondelli ho trovato interessante l'idea di teatro portata avanti da molti dei personaggi incontrati e raccontati dall'autore.
Mi è piaciuto il riferimento a Jean Genet, che adoro, al suo stile narrativo «Genet è uno di quegli autori che danno la loro letteratura come "corpo straziato" e allora, quando li avvicini, non puoi far altro che prendere dei brani, coinvolgerti in una frammentazione continua...» e alla sua idea di teatro "cimiteriale" «i teatri dovrebbero essere costruiti a ridosso, o addirittura dentro, i cimiteri. Il rapporto del teatro con la morte, le apparizioni degli attori come fantasmi della morte eccetera».
Mi è piaciuta l'idea di teatro come opera d'arte totale «nel panorama della "nuova spettacolarità" italiana in cui sempre più spesso il teatro si fonde con il cinema, con le arti visive, la musica rock, dove gli attori sono più acrobati o mimi o danzatori che altisonanti dicitori di testi letterari, dove lo spazio scenico assomiglia sempre più a monitor televisivi in cui si cambia canale e programma ogni cinque secondi, non poteva mancare il tentativo di sposare il teatro con l'architettura, dando luogo a performance altamente spettacolari in cui la multimedialità fila dritta dritta verso l'opera d'arte totale» , che tanto mi ricorda, per parlare dei nostri giorni, gli spettacoli di Antonio Latella (che, casualità?, ha spesso messo in scena Genet).

domenica 23 ottobre 2011

un weekend postmoderno (3)

patti smith, horses
La terza tappa di lettura del testo di Tondelli comprende le pagine più narrative di Un weekend postmoderno, in perfetto stile tondelliano, e gli Affari militari, che mi hanno fatto una certa impressione per come siano quasi riusciti a farmi rimpiangere di non aver vissuto certe esperienze.
Ma è la sessione sulla Fauna d'arte che si sta d
imostrando, per quanto mi riguarda, la più interessante: una perfetta descrizione e narrazione della postmodernità, una perfetta riflessione storica e filosofica su questo periodo, portata avanti attraverso il racconto del costume (anche nel senso di abbigliamento) e della cultura popolare.
Così ritroviamo insieme la cravatta indossata da Patti Smith nella foro per la copertina dell'album Horses, la nascita di una musica da guardare e toccare e vestire oltre che da ascoltare, il nuovo fumetto italiano
di Andrea Pazienza il James Joyce del fumetto che raccoglie sulle sue tavole «narcisismo e autobiografia, giochi di parole e slang giovanile, tecnica rivoluzionaria nel disegno e nella composizione della tavola, talento inverosimile nella coniugazione di stili opposti, ma sempre riconducibili a un tratto personalissimo, politica e Movimento, droga e sballi, donne e amici e branchi e gruppuscoli, deliri e paranoie» e del selvaggio RanXerox  «l'automa e macchina compiuterizzata, in grado di trasferirsi, senza brusche rotture, nei travestimenti dell'uomo primitivo o di quello spaziale e galattico».
Quello che viene narrato è un nuovo ellenismo in cui tutto è mischiato, confuso, fluttuante, stratificato, sovrapposto, coesistente, simultaneo, centrifugato, contaminato; che dà il senso
«di trovarsi nei chip di memoria di un computer di fronte all'avventura umana ricapitolata in vista della fine del millennio»; in cui la ricetta appare la seguente: «mischiare & citare & confondere»; la cui protagonista è «una generazione che, nell'impossibilità di offrire a se stessa una ben precisa identità culturale, ha preferito non darsene alcuna, o meglio, mischiare i generi, le fonti culturali, i padri putativi, fino ad arrivare alla compresenza degli opposti. Una generazione in cui i linguaggi si confondono e si sovrappongono, le citazioni si sprecano, gli atteggiamenti e le mode si miscelano in un cocktail gradevole e levigato che forse è il succo di questa tanto chiacchierata postmodernità».
Chi ha mai spiegato meglio la condizione postmoderna e i piaceri dell'era elettronica?




domenica 16 ottobre 2011

un weekend postmoderno (2)

More about Un weekend postmodernoContinuando la lettura delle cronache di Tondelli confermo la piacevolezza dell'immersione in atmosfere tipicamente tondelliane e il gusto per questa forma ibrida di saggistica/narrativa.
Mi è piaciuto molto il pezzo sui videogiochi (Phoenix). Continuano anche a piacermi il paragone tra una certa vita di provincia, giovanile e vacanziera e il carnevale alla Rabelais; la narrazione dell'immaginario collettivo; la capacità di intrecciare i fili della cultura "alta" e "bassa" (come in Fuori stagione, nel cui finale si passa dai film di Fellini ai videoclip di Loredana Bertè).
E, infine, mi sono goduto in pieno l'immersione nel clima scolastico e universitario, che praticamente io non ho mai abbandonato.


domenica 9 ottobre 2011

un weekend postmoderno (1)

More about Un weekend postmodernoLe prime pagine della cronaca dagli anni Ottanta che è Un weekend postmoderno di Pier Vittorio Tondelli, dedicate agli Scenari italiani, mi sono decisamente piaciute, per più ragioni.
Intanto mi hanno messo addosso un sacco di voglia di fare, di provare, di sperimentare, di mettermi in gioco e in ballo... insomma, mi sembra trasmettano un entusiasmo assolutamente contagioso, uno slancio vitale coinvolgente.
Poi vi ho trovato delle frasi assolutamente perfette, delle piccole perle: una su tutte, «certi minori e giovanili pomeriggi in cui non c'è voglia di studiare, ma solo di imparare».
Ancora, ci sono molti riferimenti espliciti e impliciti all'opera narrativa di Tondelli, alle atmosfere di Altri libertini e Pao Pao, che ho adorato.
Infine, ho trovato qualche interessante suggerimento di lettura
come Giuseppe Conte, David Leavitt e l'Herrigel de Lo Zen e il tiro con l'arco da aggiungere alla mia lista dei desideri.

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