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venerdì 11 luglio 2025

claremont run

Tra gli impegni di fine anno scolastico e gli Esami di Stato - conclusi venerdì scorso -, giugno mi ha visto incapace di pubblicare post, neanche un rapido resoconto finale delle letture del mese. A fine luglio pubblicherò quindi un post con le letture di questi ultimi due mesi. Intanto provo a fare qualche altro post, a partire da questo che è relativo al saggio The Claremont Run. Subverting Gender in the X-Men, scritto da J. Andrew Deman.

Avendo scritto Uncanny X-Men dal 1975 al 1991 (dal numero 97 al numero 278), Chris Claremont vanta una posizione preminente e un'influenza sulla cultura popolare - essendo durante la sua gestione quello degli X-Men il fumetto più venduto - uniche. Uno dei grandi punti di forza della scrittura di Claremont è stata l'ampia cosmologia di personaggi maschili e femminili che è stato capace di presentare, e i vari modi in cui marcatori identitari quali etnia, nazionalità, religione, età, classe e sessualità si sono intrecciati tra di loro e con le prestazioni di genere di ogni personaggio. In questo modo la lunga gestione dell'autore ha saputo rappresentare una forte messa in discussione della fissità di ruoli di genere che il mondo del fumetto ancora rappresentava.

La prima parte del saggio è dedicata all'analisi e all'esplorazione di alcuni dei personaggi femminili principali della gestione di Claremont. Jean Grey/Fenice rappresenta il fondamentale ritratto dell'agency femminile, cioè della capacità femminile di agire, prendere decisioni e avere un impatto sul proprio ambiente e sulla propria vita, della capacità di essere un agente causale, di fare accadere le cose attraverso le proprie azioni. Ororo Munroe/Tempesta è stata la prima leader di un gruppo supereroistico donna e la prima leader di colore, nonché portatrice di comportamenti di genere non normativi, garantendo così una particolare enfasi su un femminismo intersezionale. E, nella seconda generazione di personaggi femminili, abbiamo Betsy Braddock/Psylocke, che dialoga con il concetto lacaniano di mascherata femminile esprimendo la propria in senso ironico, e Alison Blaire/Dazzler, che permette di esplorare le forme tossiche della mascolinità.

La seconda parte, invece, indaga gli altrettanto interessanti personaggi maschili. Scott Summers/Ciclope impersona l'ansia culturale del cambiamento del paradigma patriarcale come risposta diretta alla seconda ondata del femminismo, ma dal sentirsi minacciato riesce poi progressivamente a distanziarsi dall'egemonia maschile di cui era emblema. Logan/Wolverine, da una parte connesso a archetipi maschili della cultura popolare quali il cowboy e il samurai, si dimostra capace di minare quella stessa mascolinità di cui sembra essere fatto. Infine, Kurt Wagner/Nightcrawler e Alex Summer/Havok sono personaggi piuttosto refrattari rispetto alla rappresentazione della mascolinità, minando la connessione tra il ruolo del supereroe e tale ideale.

giovedì 31 marzo 2016

letture di marzo

Il romanzo di Julia Kristeva I samurai è una sorta di sequel de I mandarini di Simone de Beauvoir: la generazione degli intellettuali francesi tra gli anni Sessanta e Ottanta non sono tanto detentori del sapere e del potere culturale entusiasti del loro impegno quanto piuttosto guerrieri che considerano la vita come un'arte marziale, la scrittura come un atto di piacere e di guerra insieme: poesia, gioco di sciabole o calligrafia, ogni arte è un'arte marziale in cui ci si mette a morte per rifarsi un nuovo corpo, una nuova forma. Bellissimo romanzo, e romanzo d'amore: "Sono insieme perché sono separati. Chiamano amore questa mutua adesione alla propria rispettiva indipendenza. Questo li ringiovanisce, sembrano adolescenti: addirittura bambini. Che cosa vogliono? Essere soli insieme. Giocare da soli insieme, e a volte passarsi la palla, tanto per dimostrare che in quella solitudine non c'è dolore".

I quattro racconti di Wu Ming che compongono L'invisibile ovunque raccontano, con stili di scrittura diversi, quattro diversi modi di sfuggire alla guerra, alla Grande guerra: da ardito che le corre incontro, da finto folle col rischio di rimanere vittima della propria finzione, da artista surrealista, da maestro del camouflage mimetico.  
Letture rapide, e assai poco significative, per la storia di un serial killer malato di Alzheimer narrata dal coreano Kim Young-Ha in Memorie di un assassino, e per i micro racconti raccolti in La vendetta di Agota Kristof.
Finito il romanzo di Charles Dickens La piccola Dorrit.

Poco filosofici i percorsi tracciati ne I mondi di Miyazaki dai contributi raccolti a cura di Matteo BoscarolConcluso il viaggio tra le Filosofie nel mondo, così come i saggi di Salvatore Natoli Soggetto e fondamento, la storia del volo ricostruita da Mirko Molteni ne Le ali di Icaro e  quella delle macchine, dalla loro infanzia alle moderne e inutili, raccontata in Tecnica curiosa da Paolo PortoghesiDella non convenzionale introduzione alla filosofia di Tommaso Ariemma, Niente resterà intatto, della Filosofia dell'umorismo di Lucrezia Ercoli, ho già scritto. Delle ottime storie incredibili dei meravigliosi materiali di cui è fatto il mondo raccontate con gran stile da Mark Miodownik in La sostanza delle cose scriverò magari più in là.

Molto belli il viaggi raccontati e disegnati da Igort nell'impero dei segni nei suoi Quaderni giapponesi e tra le memorie dai tempi dell'URSS nei suoi Quaderni ucraini. Dopo Golem, un altro graphic novel di LRNZ, Astrogamma, sempre con una grande capacità grafica, superiore a quella di scrittura della storia. Non particolarmente originale ma comunque gradevoli nella loro classicità le storie di samurai scritte da Roberto Recchioni e ben disegnate da Andrea Accardi in Chanbara. Ispirato all'omonimo racconto di Edgar Allan Poe, La maschera della Morte Rossa, graphic novel che ai temi della vanitas umana e dell'ineluttabilità della morte unisce quello sui vizi e peccati capitali e una storia di vendetta, è invece banalmente scritto da Marco Rocchi e non brillantemente illustrato da Giuseppe Dell'Olio.
Altri primi cicli narrativi dell'universo Marvel che arrivano a conclusione sono i superiori e più minacciosi - adatti a più minacciose minacce - oltre che incredibili X-Men guidati da Magneto e scritti da Cullen Bunn, l'ottima possente Thor - nelle cui vene scorre il tuono - scritta da Jason Aaron, il nuovamente in nero Daredevil di Charles Soule, i migliorabili nuovissimi e completamente differenti Avengers di Mark Waidla nuova Wolverine e le sue cloni/sorelle di Tom Taylor, la quanto meno originale squadra di mostri gestita dallo SHIELD e allestita in Howling Commandos da Al Ewing, autore anche dei cosmici Ultimates impegnati a cominciare con l'impossibile, l'eccezionale Hulk di Greg Pakgli Illuminati di Joshua Williamson con la loro vita criminale, gli incredibili Avengers pessimamente assemblati da Gerry Duggan in una nuova squadra unione, i nuovi X-Men originali, adolescenti e venuti dal passato cui Dennis Hopeless fa affrontare i fantasmi di Ciclope ma di cui si poteva francamente fare a meno, come si potevano evitare i nuovi Inumani impegnati da James Asmus in una reazione globale al loro proliferare.

domenica 31 gennaio 2016

letture di gennaio

Visto il trasferimento toscano torno a Vasco Pratolini con il suo Cronache di poveri amanti: epica umile e pettegolezzi di quartiere, violenza fascista e lavoro manuale, amore e maturità, povertà e festa, gioia e lotta. 

Su suggerimento di Dreca ho letto il primo testo di una trilogia dell'autore marocchino Tahar Ben Jelloun, Creatura di sabbia. Il tema dell'identità e del genere incarnato in una creatura incostante e mutevole come la sabbia: Ahmed o Zahra, un uomo dal seno femminile o una donna con la barba mal rasata, l'illusione e la violenza che giustifica e privilegia qualsiasi cosa o una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione, un destino forgiato da una volontà altrui o l'avventura del proprio corpo. Una vita come pelle screpolata a forza di subire mute e di farsi maschere su maschere. 

Con I lauri senza fronde Edouard Dujardin ci immerge nel flusso di coscienza di un giovane studente parigino invaghito di un'attricetta che ne spreme le ristrette finanze: il monologo interiore - prima di Joyce - di una serata di passeggiate, incontri, memorie, progetti, speranze, delusioni. 

Un po' di classici della filosofia e di saggistica: ritorno a Giorgio Colli, a lungo frequentato ai tempi dell'università, con il postumo Apollineo e dionisiacoIndizi sul corpo di Jean-Luc Nancy - che mi ha portato anche a Aristotele con L'anima -, Avances di Jacques Derrida, autore sul quale ho letto anche il non riuscito tentativo di Francesco Garritano di mettere in luce il progetto pedagogico del postmoderno a partire da La formazione come questione in Jacques Derrida.

Qualcosa sull'esistenzialismo, in vista di un corso di approfondimento per potenziare l'offerta formativa scolastica: Esistenzialismo e filosofia contemporanea di Pietro Prini, Esistenzialismo di Eugenio De Caro, L'esistenzialismo di Paul Foulquié, L'esistenzialismo di Guido De Reggiero.

Altra saggistica, molto deludente, il Lacan zen di Leonardo Vittorio Arena e I sei nomi della bellezza con cui Crispin Sartwell traduce in mera chiacchiera il suo tentativo di analizzare le diverse esperienze estetiche nel mondo.

Dall'evento destinato a stravolgere l'universo fumettistico della Marvel, Secret Wars, il volume che raccoglie le vicende fantasy scritte da Jason Aaron e soprattutto magnificamente illustrate da Mike Del Mundo: Weirdworld
E di questo tutto nuovo e differente universo supereroico che emerge, si concludono i primi archi narrativi delle nuove testate: il Reboot dell'invincibile Iron Man scritto da Brian Michael Bendis è divertente e ironico, ricco di azione ed eccessivo, sfacciato e anche gradasso, e soprattutto graficamente esaltante grazie ai disegni di David Marquez; gli straordinari X-Men scritti da Jeff Lemire - con Tempesta come leader e il gradito ritorno del vecchio Logan - si presentano come un gruppo in grado di prendere a calci quanti si oppongono al loro progetto di costruire un Paradiso-X per chi da sempre è temuto e odiato dall'umanità; infine, il Deadpool di Gerry Duggan deve imparare a vivere con il suo nuovo status di eroe più grande e popolare del mondo, di avengers e icona massmediatica, non più un mercenario ma un Milionario chiacchierone; non particolarmente brillanti lo Scontro temporale in cui Charles Soule getta gli incredibili Inumani guidati dai reali Freccia Nera e Medusa, né lo stupefacente Ant-Man di Nick Spencer che si ritrova tra le difficoltà di essere insieme un padre e un eroe e i supereroici Team-Up che tutti amano.

Di Cocktailsofia di Giovanni Giaccone ho già scritto, di Gianluca Cuozzo con Utopie e realtà e dei due saggi di Giovanni Macchia sulla letteratura francese - Baudelaire e la poetica della malinconia e Le rovine di Parigi -, invece, a breve.

martedì 1 settembre 2015

marvel's philosophy

Lidi Filosofici organizza MARVEL'S PHILOSOPHY. La meravigliosa filosofia del fumetto.
A Ostia (Roma), presso l'Aula Magna dell'istituto superiore Faraday (via Capo Sperone, 52), il 4 e 5 settembre 2015 si svolge la prima edizione della Summer School organizzata da Lidi Filosofici. Quest'anno il programma dei corsi prevede X-Men, Avengers, altre realtà del mondo del fumetto (Watchmen, The Walking Dead) e percorsi trans-mediali (cinema, serie tv) per affrontare "caldi" temi filosofici: libertà, etica, identità, estetica, tecnica. Perché la filosofia nasce dalla meraviglia (marvel).
L'iniziativa è totalmente gratuita. Vieni a scoprire cosa succede quando Nietzsche incontra Thor.
La scuola di formazione di Lidi Filosofici è aperta a tutti: lo studente interessato alla filosofia e/o al fumetto scoprirà nuove vie di accesso al pensiero e al piacere del testo (filosofico o fumettistico che sia); l'insegnante vi troverà opportunità di aggiornamento, suggestioni, spunti di riflessione didattica; l'appassionato di fumetti potrà avere dell'oggetto della propria passione una "realtà aumentata" dall'indagine filosofica così da godersi maggiormente l'esperienza di lettura.
È possibile la frequenza sia all'intero programma della scuola sia a singoli corsi. La scuola ha durata di due giorni, il 4 e 5 settembre (con orario venerdì 4 dalle 15.00 alle 19.00, e sabato 5 dalle 9.30 alle 19.00) e si svolge presso l'Aula Magna dell'istituto superiore Faraday, via Capo Sperone 52, Ostia (Roma).



martedì 21 luglio 2015

quando nietzsche incontra thor

A OSTIA (ROMA) DAL 4 AL 6 SETTEMBRE 
MARVEL'S PHILOSOPHY. LA MERAVIGLIOSA FILOSOFIA DEL FUMETTO
- la prima edizione della Summer School di Lidi Filosofici

A Ostia, dal 4 al 6 settembre 2015 si svolge la prima edizione della Summer School organizzata da Lidi Filosofici. Quest'anno il programma dei corsi prevede X-Men, Avengers, ma anche fumetti non supereroistici e manga giapponesi, per affrontare "caldi" temi filosofici: libertà, etica, identità, estetica, tecnica. Perché la filosofia nasce dalla meraviglia (marvel). 
L'iniziativa è totalmente gratuita. Vieni a scoprire cosa succede quando Nietzsche incontra Thor.

La scuola di formazione di Lidi Filosofici è aperta a tutti: lo studente interessato alla filosofia e/o al fumetto scoprirà nuove vie di accesso al pensiero e al piacere del testo (filosofico o fumettistico che sia); l'insegnante vi troverà opportunità di aggiornamento, suggestioni, spunti di riflessione didattica; l'appassionato di fumetti potrà avere dell'oggetto della propria passione una "realtà aumentata" dall'indagine filosofica così da godersi maggiormente l'esperienza di lettura.

È possibile la frequenza sia all'intero programma della scuola sia a singoli corsi.
Le domande di partecipazione  dovranno pervenire entro e non oltre il 24 agosto 2015.
L'iscrizione e la partecipazione sono gratuite.

Per informazioni e iscrizioni:
stefano_petruccioli@yahoo.it
sal.fiaschi@gmail.com


mercoledì 27 maggio 2015

da oggi in libreria

Se il precedente Gli X-Men e la filosofia ha indagato come è essere un mutante, il mutante che dunque siamo, il presente volume intende provare a lasciar raccontare ai fumetti degli X-Men qualcosa riguardo questioni di filosofia etica: un’etica del desiderio, come vuole Lacan, della responsabilità illimitata, come vuole Derrida, un’etica della libertà, della colpa e, soprattutto, un’etica ingrata, di un eroismo senza grazie (thankless heroism) alla portata però di ogni uomo. Un esercizio di filosofia mutante, per contenuto (i comics degli X-Men) e stile (filosofia e pop culture che si indagano e raccontano, insieme). Una filosofia che assume una nuova forma, contaminata, meticcia, ibrida, non fuggendo di fronte alla cultura popolare, ma ricavandone, invece, un modo per spianare una via nel pensiero, per aprire un cammino.

venerdì 22 maggio 2015

x-men - book trailer

Stefano Petruccioli
X-Men. Per un'etica indagata in stile mutante
Mimesis Edizioni

Dal 27 maggio 2015 in libreria


venerdì 15 maggio 2015

axis - bookteaser VI

Nelle edicole e nelle fumetterie italiane arriva questo mese Axis, evento Marvel dell'anno scritto da Rick Remender. Tema del crossover tra il mondo mutante degli X-Men e gli eroi più potenti della terra, gli Avengers, è la sottile linea che divide il bene dal male, l'asse morale dei diversi caratteri etici. Ancora una volta, i racconti supereroistici e le indagini filosofiche si intrecciano e si contaminano.
Perché gli eroi lo fanno? Perché distruggono le proprie vite in una battaglia infinita? Perché pagano un tale ingrato prezzo? Eppure lo fanno, possono e dunque devono, ma anche devono e dunque possono. Questione di desiderio, responsabilità e ingratitudine.
Per questo Axis può fungere da ottimo preludio - o lettura di accompagnamento - all'imminente secondo volume popfilosofico sugli X-Men, che si prefigge proprio di indagare l'etica in stile mutante.

 

domenica 3 maggio 2015

bookteaser (V)

Desiderio. Responsabilità. Ingratitudine.

X-Men. Per un'etica indagata in stile mutante.


venerdì 24 aprile 2015

bookteaser (IV)

La copertina.


domenica 19 aprile 2015

bookteaser (III)

"Sola. Armata. Alle prese con una sfida impossibile... Crepa d'invidia, Bruce Willis!"

Così scriveva Chris Claremont nel gennaio 1991 su Uncanny X-Men #272: i suoi mutanti sono eroi moderni, comici, gaudenti, nichilisti, sporchi, oscuri ma profondamente etici.

Proprio per questo, nel maggio 2015, gli X-Men affronteranno - con i pensatori Lacan, Derrida e altri incredibili alleati - questioni morali e filosofiche: per un'etica indagata in stile mutante.

Così Psylocke potrà affermare: "Fedele al mio desiderio. Illimitatamente responsabile. Senza alcun ringraziamento... Crepa d'invidia, Immanuel Kant!"


domenica 22 marzo 2015

bookteaser (II)

Correzione bozze del primo impaginato


martedì 17 marzo 2015

bookteaser (I)

Things to come...


lunedì 24 novembre 2014

il fine...

"A volte il fine giustifica i mezzi. Non importa quale sia il prezzo per la tua anima. Difficile non trovare soddisfazione nel lavoro. Nonostante la posta in gioco, nonostante la missione ti occupi la mente, nonostante tutto questo, è sempre bello fare un'entrata spettacolare. State certi che Fener sogghigna in segreto, ogni volta che parte quella marcetta. Difficile non godersi il brivido. Fortunato colui che ama il proprio lavoro. Proprio fortunato" (da X-Force #2 del maggio 2014, in Italia su Gli Incredibili X-Men #15 del novembre 2014).
Così il nuovo leader dell'almeno quinta incarnazione del gruppo mutante X-Force, Cable. A conferma di come temi centrali nei comics siano le questioni morali. Questo ciclo narrativo mette alla prova la disponibilità a commettere il male in funzione del bene dei membri di questo team mutante - composto tra gli altri, oltre che dal viaggiatore temporale Cable, da Psylocke,  con i due che sono probabili prossimi protagonisti di narrazioni/trasposizioni cinematografiche dell'universo mutante Marvel -, mette in scena la possibilità che il rifiuto radicale del mondo come è possa rovesciarsi repentinamente nella ricerca di una sua definitiva e finale trasformazione, che un’etica dell’assenza dei fini possa sfociare in un’etica del fine ultimo, in cui al rigido cinismo dei mezzi si intrecci il non meno duro moralismo dei fini (come sostiene Peter Sloterdijk in Critica della ragion cinica). Ancora, questa serie affronta le questioni dell'osceno godimento - quel "brivido" - nel compiere il proprio lavoro/missione e la scusa del dovere che si dà alle proprie azioni. Lettura da continuare.

lunedì 16 giugno 2014

gli x-men e la filosofia

Stefano Petruccioli, Gli X-Men e la filosofia, Mimesis Edizioni (collana Il caffè dei filosofi)


Chi non vorrebbe essere un super eroe? Ma chi si è mai chiesto cosa vorrebbe dire esserlo veramente? Prendiamo gli X-Men, eroi della nota casa grafica Marvel. Meravigliosi, sorprendenti, sempre estremi e per questo anche perturbanti, inquietanti. Sono i mutanti, più che uomini, meno che mostri, finché al servizio del bene. E se quelle “meraviglie” camminassero tra di noi? Sarebbe desiderabile essere un mutante? Perdonare i nemici o donare loro la morte? Come è essere un mutante? E tu che mutante saresti? Una filosofia per mostrare come la lettura dei fumetti sia un’esperienza profondamente filosofica: l’incredibile filosofia dei fumetti.

La pagina del blog dedicata al libro.

Il libro su



lunedì 27 gennaio 2014

in segreto trema l'identità dell'io - kill matsu'o (II)

Il filosofo francese Jacques Derrida collega l'impossibile, paradossale, aporetica, eccessiva, esagerata – che passa la misura e si espone alla dismisura – esperienza del (per)dono, la follia del (per)dono, che «mette in crisi logos e nomos, ma forse anche topos» – ed è, quindi, atopos, che «significa ciò che non è nel suo luogo e al suo posto (“mezzodì alle quattordici”), ed è dunque lo straordinario, l’insolito, lo strano, lo stravagante, l’assurdo» (uncanny) –, al costituirsi del soggetto: «La semplice intenzione di donare, in quanto comporta il senso intenzionale del dono, basta a ripagarsi. La semplice coscienza del dono si rinvia subito l’immagine gratificante della bontà o della generosità, dell’essere-donante che, sapendosi tale, si riconosce circolarmente, specularmente, in una sorta di auto-riconoscimento, di approvazione di se stesso e di gratitudine narcisistica. E ciò si produce dal momento in cui c’è un soggetto. Il divenire-soggetto tiene allora conto di se stesso, entra come soggetto nel regno del calcolabile. Lì dove ci sono soggetto e oggetto, il dono sarebbe escluso. Un soggetto non donerà mai un oggetto a un altro soggetto. Ma il soggetto e l’oggetto sono effetti arrestati del dono: arresti del dono. Alla velocità nulla o infinita del circolo» (Donare il tempo).


Il soggetto sarebbe un effetto arrestato del dono, si auto-riconoscerebbe circolarmente, sarebbe una pausa, una stasi, un arresto, ma la alla velocità nulla o infinita del circolo che «non lascia riprendere il respiro, né riposo. Può sempre sconvolgere, almeno, il ritmo istituito di tutte le pause (e il soggetto è una pausa, una stasi [stance], l’arresto stabilizzatore, la tesi o piuttosto l’ipotesi di cui si avrà sempre bisogno), può sempre perturbare i sabati, le domeniche… e i venerdì» («Il faut bien manger» o il calcolo del soggetto). Senza pause – né sabati, né domeniche, né venerdì – e «in segreto trema l’identità dell’“io”» (Donare la morte). Questo tremore derridiano presenta una evidente differenza rispetto alla formazione del soggetto per come è presentata da Hegel. La lezione hegeliana ci insegna che il soggetto, nella qualità di autocoscienza, «consiste nel mostrarsi come negazione pura della propria modalità oggettiva, cioè nel mostrare di non essere legato a nessuna esistenza determinata» – anche mettendo alla prova la propria libertà e a rischio la propria vita, arrivando a dimostrare di non tenere alla vita, di disprezzarla in un certo senso, a «dar prova di sé, a se stesso e all’altro, mediante la lotta per la vita e la morte» –, così che in esso «la coscienza è stata intimamente dissolta, ha tremato fin nel suo più remoto recesso, e tutto quanto c’era in essa di fisso è stato scosso», è stato fatto vacillare, tanto che l’essenza stessa dell’autocoscienza è «questo assoluto divenire-fluida di ogni sussistenza», il lavorio di un «dileguare trattenuto» (Fenomenologia dello Spirito). Ma le vicende dei mutanti e la filosofia di Derrida ci insegnano che la questione della costituzione del soggetto non si arresta ad una lotta a morte in cui «un trionfo conserva in sé le tracce di una battaglia» o «una vittoria viene strappata nel corso di una guerra tra due avversari al fondo inseparabili» (Donare la morte) per cui di tale guerra conserva la memoria.

La vera questione del soggetto non è nell’autonomia e nella libertà, quanto piuttosto «nell’eteronomia del «ciò mi (ri)guarda» anche laddove io non vedo niente, non so niente, non ho l’iniziativa, laddove non ho l’iniziativa su ciò che mi ingiunge di prendere delle decisioni – che nondimeno saranno le mie, e che dovrò assumermi da solo» (Donare la morte). Psylocke si chiede il perché della sua pulsione a fermare Wolverine, il cosa le importasse di Matsu’o, cosa ciò le (ri)guardasse, cosa stava facendo; confessa di aver visto se stessa nella mente di Wolverine e che i ricordi di lui le dissero chi era, ed anche in questa avventura è proprio dalle parole di Matsu’o che è determinata quella pausa, quell’arresto, quella stasi che è il soggetto, quando egli le rivela: «Sapevo che saresti stata tu, Elizabeth. Gli inglesi sono sempre affidabili». Non solo per queste parole, ma per quello che ha fatto e fa del corpo e dei resti di Psylocke, Matsu’o è per la mutante degli X-Men l’altro per eccellenza. L’altro dispone di me, di un io senza difese, e proprio questo sarebbe l’io, sarei io: vulnerabilità, esposizione incondizionale all’altro, quasi impotente, disarmata, senza protezione alcuna. Il soggetto non è sovrano, non è indipendente, autonomo, pienamente presente a sé, ma quello del godimento pieno e puro di sé non sarebbe altro che un sogno, una fantasia, un fantasma. La sovranità del soggetto libero – nel suo concetto più e meglio accreditato –, autodeterminato, emancipato, affrancato, dall’illimitato potere, onnipotente, è decostruita.

Ciò significa aprire la possibilità di pensare in maniera diversa il sé. Oltre ad essere la storia di una furiosa ricerca di vendetta, Kill Matsu’o è anche la ricerca di un nuovo soggetto, della natura dell’identità. «Ora so chi sono»: sul flash-forward, che anticipa la fine del fumetto, di queste parole interiori che Psylocke dice a se stessa, intese senza alcun apparente rumore, articolate senza movimento apparente, come nel circuito chiuso di un serpente che si morde la coda, tutta la vicenda che viene a spiegarsi e dibattersi si apre e si chiude allo stesso tempo ma con stacco e non senza danni. E la tavola finale dell’ultimo capitolo del fumetto mostra la mutante intenta a spazzolarsi i capelli e bere una tazza di tè: «il tè non ha l’arroganza del vino, né la supponenza del caffè, e neppure la leziosa innocenza del cacao», e rappresenta «una gradita opportunità di tregua a fieri guerrieri», che entrano nella stanza del tè solo dopo aver lasciato «la spada nella rastrelliera»  – come l’immagine mostra aver fatto anche Psylocke –, giacché tale luogo è sopra ogni altra cosa la Dimora della Pace, oltre che della Fantasia, del Vuoto e dell’Asimmetrico (in quanto consacrata al culto dell’Imperfetto, e perciò si lascia in essa volutamente qualcosa di incompiuto). Deposta, dunque, la katana dell’hegeliana lotta a morte per il desiderio di riconoscimento e di signoria, di sovranità, Psylocke si mostra esposta alla decostruzione del proprio io, dell’assolutamente se stessa. Ora sa chi è, cos’è l’io, che l’io è questa pausa, questa stasi nella stanza del tè, è il perenne mutamento che ritorna su se stesso come un serpente che si morde la coda, che «si ritorce su se stesso come il drago» o «si addensa e si squarcia come fanno le nuvole» (Kakuzo Okakura, Lo zen e la cerimonia del tè) – «il fiume scorre, e l'acqua non è mai identica a se stessa. Anche le nuvole sono in continuo movimento; e il sole e la luna sono eterni viaggiatori», puoi leggere nel capitolo intitolato Drago di nuvola, tigre di vento del manga scritto da Kazuo Koike e disegnato da Goseki Kojima Lone Wolf & Cub (Lupo solitario e il suo cucciolo). Ora sa che l’io è ospitalità incondizionata all’altro da sé, che l’io trema, si ritorce, si squarcia, affetto da un fattore di mutazione che non è assoluta, libera, sovrana, autonoma, ma piuttosto eteronoma, guidata e diretta come da un gene X, da una “cosa” se non sconosciuta certo mal conosciuta dal cosiddetto io. L’uomo sarebbe, quindi, l’essere più perturbante, «il più unheimlich», afferma Derrida, perché «qualcosa che ci espelle dall’Heimliche, dalla tranquillità rassicurante del domestico. Il proprio dell’uomo sarebbe insomma quel modo di non essere a casa propria con sicurezza (heimisch), fosse anche presso di sé nel senso della propria essenza» (La Bestia e il Sovrano. Volume I).

giovedì 23 gennaio 2014

(per)donare la morte - kill matsu'o (I)

La ninja e telepate X-Men nota come Psylocke è la protagonista della miniserie Kill Matsu'o. Se fin dal titolo l’avventura sembra una citazione del film del 2003 di Quentin Tarantino Kill Bill, questo omaggio citazionista è ulteriormente confermato e rafforzato all’interno della storia, che si presenta anch’essa come una furiosa ricerca di vendetta da parte di una donna armata di katana (Psylocke) nei confronti di un uomo per cui ha lavorato come assassina (Matsu’o Tsurayaba), e che ha tra i suoi momenti uno scontro “una contro molti” nel Club 77 di Tokyo (come La Sposa affronta in un locale giapponese gli 88 folli della Yakuza). Uno degli eventi che fa della vita di Psylocke qualcosa di spettacolare e terribile è l’essersi ritrovata «in un altro corpo. Con un’altra faccia»: cercando di salvare gli X-Men dai cyborg Reavers – che, come forse nessun altro mai, si sono avvicinati allo sterminio del gruppo mutante, tra l'altro crocifiggendo Wolverine – Psylocke ha attraversato quel Seggio Periglioso (di ispirazione arturiana) oltre il quale, finita su una spiaggia giapponese e lì trovata dall’organizzazione criminale – e secolare setta ninja legata al mondo dell’occulto – della Mano e prelevata da Matsu’o Tsurayaba, è stata trasformata da quest’ultimo – grazie all’unione di chirurgia, tecnologia e magia e nel tentativo di riportare in vita la donna che amava (Kwannon) – in una ninja killer, con tanto di cambiamento di corpo e riprogrammazione mentale, arrivando quindi a perdere quasi tutto ciò che era. Per un po’ Psylocke è stata Kwannon – o meglio Lady Mandarin, assassina del Mandarino –, poi Wolverine l’ha riportata “indietro”: «Ho visto me stessa nella sua mente… e i suoi ricordi mi dissero chi ero».

La vicenda della miniserie dedicata a Psylocke prende avvio dalla decisione della mutante su «come disporre del proprio cadavere», ma non in vista di una futura morte, bensì nell’attualità inquietante di un cadavere su un tavolo di obitorio: «su quel tavolo c’è il mio vecchio corpo». Psylocke deve decidere cosa fare del suo corpo originale, quello che ha attraversato il Seggio Periglioso, quello che ora non è più il suo corpo, quello che ora non è più lei. Partita per il Giappone per inumarlo, la telepate viene però attaccata dai ninja della Mano che, su mandato di Matsu’o, inceneriscono il corpo, il suo cadavere, davanti a lei. Ciò che era, l’ultimo legame con la sua vita precedente, incenerito, andato, dissolto. Psylocke aveva fatto pace e perdonato Matsu’o per ciò che le aveva fatto, nonostante ciò che le aveva fatto, prenderle il corpo e l’anima era stato un gesto empio ma compiuto per amore, ma adesso? Adesso sembra non esserci possibilità di perdono, ma solo per lo scatenarsi di una furiosa vendetta: Matsu’o deve morire. Fra Psylocke e Matsu’o, però, si frappone un inaspettato ostacolo: Wolverine. Anch’egli ha ottimi motivi per odiare e vendicarsi di Matsu’o, essendo il responsabile della morte di Mariko Yashida, donna che è stata uno dei più profondi amori del mutante, ma la sua maniera di fare i conti con il capo della Mano non ne prevede la morte, bensì la lenta, continua, cerimoniale mutilazione: «Matsu’o non ha finito di pagare e quindi non deve morire. Mai»; «ogni goccia di sangue ripaga ciò che mi ha portato via. E non sarà mai abbastanza». Questo calcolo della vendetta e dell’imperdonabile è ben raffigurata da un poster che Wolverine tiene nella sua stanza, manifesto che riporta una citazione da Archiloco sull’arte di ricambiare il male a chi ci ha ferito: «Una sola cosa so, importante: ricambiare con mali terribili chi mi fa del male [I have a high art. I hurt with cruelty those who would damage me]».

Psylocke più di chiunque altro, probabilmente, può comprendere la decisione di Wolverine, la volontà di ricambiare con mali terribili chi ci ha fatto del male, di ferire crudelmente chi ci ha danneggiato, ma gli si oppone, lo affronta: «Matsu’o si è portato via la vita di Logan. Capisco la sua rabbia. Perché fermarlo? Cosa mi importa di Matsu’o Tsurayaba? Cosa sto facendo?». Non c’è anche in Psylocke la stessa volontà di vendetta e la stessa impossibilità di perdono presenti in Wolverine? «Ho distrutto la tua vita. E ora anche le tue ultime vestigia. C’è perdono nel tuo cuore? O solo vendetta?», domanda lo stesso Matsu’o. Uccidere i propri avversari è un comportamento che non ha mai fatto parte dell’etica degli X-Men. Non lo fa Tempesta, leader degli X-Men, con Magneto, eppure quello di Tempesta è un eroismo certo degno del nuovo eroe, dell'eroe non classico ma contemporaneo, dell'eroe postmoderno comico, gaudente, nichilista, singolare, criminale – insomma, sporco come l'ispettore Callaghan di Clint Eastwood e oscuro come il Batman di Frank Miller – di cui Simone Regazzoni traccia i caratteri nel suo saggio Sfortunato il paese che non ha eroi: Tempesta, eroe dalle infinite sfumature, è quello che è perché ha abbracciato il suo lato oscuro, la sua natura più cupa. Eppure c’è perdono nel suo cuore e non solo vendetta. Così è per Psylocke davanti a Matsu’o, sembra. Le due mutanti riconoscono – come Jacques Derrida – che quella del perdono è «un’esperienza estranea al regno del diritto, del castigo o della pena, dell’istituzione pubblica, del calcolo giudiziario ecc.», insomma, rappresenta «una sfida alla logica penale» che richiede una rottura di ogni possibile reciprocità o simmetria – quelle che, invece, inutilmente cerca Wolverine – e che «esige che il perdono sia accordato, se può esserlo, perfino a qualcuno che non lo domanda, che non si pente né si confessa, né rende migliore se stesso o si riscatta: al di là, pertanto, di ogni economia, al di là perfino di ogni espiazione» (Perdonare).


Il perdono, se ce n’è, ha senso e possibilità solo laddove esso è chiamato a fare l’im-possibile, cioè a perdonare l’imperdonabile, l’inespiabile, secondo Derrida, per non correre il rischio di essere contaminato da un calcolo che lo corrompe, prima colpa di ogni perdono che voglia essere veramente tale. Il perdono, come il dono, non vuole gratitudine: «Non devi ringraziarmi», dice infatti Psylocke a Matsu’o, perché il (per)dono non deve apparire come tale, né al donatario né al donatore. Sempre secondo Derrida «Nemmeno colui che dona deve vederlo o saperlo, altrimenti comincia, fin dall’inizio, fin dal momento in cui ha l’intenzione di donare, a ripagarsi di un riconoscimento simbolico, a felicitarsi, ad approvarsi, a gratificarsi, a congratularsi, a restituirsi simbolicamente il valore di ciò che ha appena donato, di ciò che crede di aver donato, di ciò che si appresta a donare» (Donare il tempo).

martedì 21 gennaio 2014

uccidere i propri avversari?

Uccidere i propri avversari è un comportamento che non ha mai fatto parte dell’etica degli X-Men. Ecco la tavola di una scena classica da fumetto degli eroi mutanti della Marvel. Nella camera di un addormentato Magneto, Tempesta, altro leader degli X-Men, medita e dubita sull’azione da compiere.

«Nonostante i crimini e i delitti commessi, Magneto non ha un animo malvagio. In circostanze diverse, avrebbe potuto essere come noi… o noi come lui. Ma per realizzare i suoi sogni è pronto a ucciderci tutti. Più rimango qui… più il rischio aumenta. Sul vassoio… un coltello. Posso usarlo per eliminare la sua minaccia… per sempre. È affilato. Potrei tagliargli la gola. So come fare. L’ho già fatto. Da bambina, per autodifesa. L’ho fatto allora. Potrei rifarlo! Ho giurato di non uccidere più. Ma Magneto è pronto a sterminare il mondo intero. Ha già ucciso. Devo agire, devo colpire. Che la Dea mi perdoni, io… non posso».

Tempesta non può uccidere Magneto, nonostante i crimini e i delitti già commessi, nonostante sia sicuramente pronto a uccidere tutti gli X-Men pur di realizzare i suoi sogni, i suoi piani, i suoi progetti, nonostante rappresenti senz’altro un pericolo e una minaccia crescenti, nonostante abbia già ucciso e sia capace di sterminare il mondo intero. Tempesta non può tagliargli la gola con il coltello che è lì, a portata di mano.


venerdì 3 gennaio 2014

angelo: rivelazioni

«Il mutante è un personaggio ideale per stimolare nel lettore adolescente un percorso di identificazione», si legge nell’introduzione ad una bella graphic novel che narra la prima manifestazione – in età adolescenziale, appunto – dei poteri mutanti di uno dei cinque membri originali degli X-Men, Angelo: il suo corpo cambia, come è normale che sia durante l’adolescenza, con la crescita e lo sviluppo, per forza e agilità, e alla fine sulla schiena del giovane spuntano due candide, enormi e pennute ali d’angelo. Il fumetto racconta soprattutto della lotta e della sofferenza del giovane mutante per accettare egli stesso e far accettare agli altri questa sua condizione unica e nuova. «Come il mutante, l’adolescente è “nuovo”, destinato a soppiantare quelli che c’erano prima di lui: gli adulti», continua l’introduzione, esplicitando e giustificando le potenzialità identificatrici della figura fumettistica del mutante per il lettore adolescente. L’adolescente «in realtà dentro di sé nasconde doni terrificanti» e «la storia di un angelo che spicca il volo», temuto e minacciato dagli altri, visto più come un diavolo che come un angelo, è, quindi, un po’ la sua.
La graphic novel in questione è Angelo. Rivelazioni, storia scritta da Roberto Aguirre-Sacasa e splendidamente disegnata da Adam Pollina, le cui tavole mostrano, a volte, dei chiari riferimenti all'arte di Klimt. Non è l'unico disegnatore di comics a fare proprio questo creare citando il pittore austriaco: basta pensare a Alex Maleev e a Giuseppe Camuncoli.


 



giovedì 2 gennaio 2014

fortuna o occasione

Dopo il ciclo The Prince (Il Principe), con tanto di espliciti riferimenti e citazioni all'opera e al pensiero di Niccolò Machiavelli, per Daken - l'Oscuro Vendicatore nonché figlio del mutante e X-Men Wolverine - è l'ora della saga Godlike (su Dark Wolverine #82-84), in cui fanno la loro comparsa le Parche/Norne/Fato, che il disegnatore Giuseppe Camuncoli realizza graficamente attraverso un esplicita citazione e ri-creazione dell'opera pittorica di Klimt.
Anche in questo caso, inoltre, sembra esserci un implicito rimando alla filosofia di Machiavelli e all'immagine dell'uomo moderno che traspare nel suo trattato politico, un uomo che si fa artefice del proprio destino, della propria stessa fortuna, non più ruota che gira e assegna una sorte ma occasione da acciuffare con costanza e virtù.

"Non mi è incognito come molti hanno avuto e hanno opinione che le cose del mondo sieno in modo governate dalla fortuna e da Dio, che li uomini con la prudenzia loro non possino correggerle, anzi non vi abbino remedio alcuno; e per questo potrebbero iudicare che non fussi da insudare molto nelle cose, ma lasciarsi governare alla sorte. Questa opinione è suta piú creduta ne’ nostri tempi per la variazione grande delle cose che si son viste e veggonsi ogni dí fuora di ogni umana coniettura. A che pensando, io qualche volta mi sono in qualche parte inclinato nella opinione loro. 
Nondimeno, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà o presso a noi. E assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi, che quando s’adirano allagano e piani ruinano gli alberi e gli edifizii lievano da questa parte, terreno pongono da quell’altra: ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo impeto loro senza potervi in alcuna parte obstare. E benché sieno cosí fatti, non resta però che li uomini quando sono tempi quieti non vi potessino fare provvedimenti e con ripari e argini, in modo che crescendo, poi, o egli andrebbano per uno canale o l’impeto loro non sarebbe né sí licenzioso né sí dannoso. 
Similmente interviene della fortuna: la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtú a resisterle e quivi volta e sua impeti dove la sa che non sono fatti li argini e li ripari a tenerla". 

 






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