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sabato 15 marzo 2025

gioca bene

Il libro a sorpresa di febbraio, di cui riesco a scrivere soltanto adesso, è stato Lego. Una storia di famiglia, ricostruzione biografica e non solo di Jens Andersen.

Si parte dalla falegnameria di Billund degli anni Venti e dalla filosofia con cui Ole Kirk Christiansen la fonda e la gestisce: il rispetto per il lavoro eseguito a regola d'arte, l'eccellenza del risultato, il rifiuto della mediocrità per fare meno fatica. Falegnameria che, già negli anni Venti, inizia a produrre anche alcuni giocattoli, recuperando i pezzi di legno avanzati per lavorarli e trasformarli in cavalli, mucche, case, oppure in alcuni miracoli tecnologici, come automobili, treni e aerei. Nel 1932 la falegnameria è ormai una fabbrica di giocattoli, e nel 1934 Ole Kirk sceglie di darle un nome che rimanga impresso nella memoria: le proposte sono LEGIO - legata all'espressione legioni di giocattoli - e LEGO - contrazione dell'espressione Leg godt, gioca bene. La piccola fabbrica fa progressi graduali ma ininterrotti con i suoi animali di legno su ruote - un'anatra semi-meccanica che fa qua qua con il becco -, le sue automobiline verniciate in colori vivaci e brillanti, il suo trenino espresso rosso: per decenni il mercato del giocattolo europeo è stato dominato dalla Germania, ma l'artigiano Ole Kirk, rifiutando di utilizzare materie prime economiche - sceglie invece solo legno di faggio stagionato e asciugato all'aria, cotto a vapore ed essiccato in forno -, considera LEGO competitiva in termini qualitativi.
La concezione dei bambini e del gioco in questi anni va cambiando: negli anni tra le due guerre psicologi, pedagogisti, scrittori e filosofi studiano la natura del bambino e il significato universale del gioco per l'uomo, negli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta in Scandinavia si pubblicano alcuni capolavori della narrativa per l'infanzia così che nella letteratura mondiale autori adulti osano dar vita a storie con un io narrante bambino dando voce ai più piccoli nella maniera più autentica. Anche LEGO espande la sua produzione sull'onda del boom della letteratura per ragazzi e del conseguente interesse per i bambini, il gioco e i giocattoli, partendo dal presupposto che per giocare bene servano giocattoli di qualità: il Kirk's Kuglebane [Campo da gioco di Kirk] - elementi oblunghi in legno che possono essere assemblati per costruire una pista per giocare con le biglie -, la scatola rossa degli educativi mattoncini in legno sui cui lati finemente levigati e laccati sono impressi numeri e lettere nei colori primari, la Pistola della Pace - pistola giocattolo semiautomatica in legno.
La carenza di legno, nel frattempo, spinge Ole Kirk a cercare materiali alternativi: l'età della plastica è alle porte, sui quotidiani danesi si scrive che i giocattoli del futuro saranno in coloratissima plastica, materiale perfetto per questo uso in quanto piacevole al tatto, igienico, innocuo e praticamente indistruttibile, e poiché i modelli si ottengono per fusione perfezionarli è facilissimo. Nel 1947 Ole Kirk vede una scatola di mattoncini in plastica, di vari colori, cavi e muniti di bottoncini sul lato superiore: con una manciata di questi pezzi, prodotti dalla British Industries Fair di Londra, ogni bambino può imitare il lavoro dei veri artigiani. Dal 1948 appaiono i primi giocattoli LEGO in plastica e infine, nel 1949, i primi coloratissimi mattoncini, gli Automatic Binding Bricks.
L'intuizione dell'azienda è quella di puntare su un assortimento a lunga durata che la renda meno dipendente da best seller temporanei - prodotti effimeri che pullulano nel settore del giocattolo -, e su un giocattolo del tutto unico e vendibile ovunque, spingendosi fuori dei confini nazionali: LEGO deve concentrarsi su una sola idea, focalizzarsi su un prodotto unico e longevo che possa evolvere in un sistema di gioco più ampio e che sia facile da utilizzare, fabbricare e vendere. I LEGO Mursten [Mattoni] sono rilasciati nel 1952-53, pensati non solo come mattoncini da combinare per creare questa o quella costruzione, ma come un sistema aperto all'opzione di collezionare mattoncini e ampliare le possibilità di gioco attraverso set regalo e scatole di espansione. Gli slogan sono Vuoi LEGO con me? e Costruisci una città LEGO. Il lancio non segna solo l'inizio di un nuovo sistema di gioco, ma promuove anche un messaggio sui bambini e sul gioco incredibilmente vitale e lungimirante, concetto gridato attraverso il disegno sulla copertina dell'opuscolo pubblicitario, in cui un allegro omino LEGO, in abiti da lavoro e con l'elmetto da muratore che si porta un megafono alla bocca per far conoscere al mondo intero l'idea umanistica del Sistema LEGO: Volevamo creare un giocattolo che avesse un valore per la vita di un bambino, che facesse appello alla sua fantasia, stimolando la voglia e la gioia di creare, forze motrici di ogni essere umano.
La rapida diffusione negli anni Cinquanta del Sistema LEGO è legata alla strategia pubblicitaria - fatta di spot nei cinema, brochure, esposizioni di costruzioni nelle vetrine dei grandi magazzini, riviste illustrate -, ai tanti pregi di un prodotto che offre infinite possibilità di gioco - soprattutto quando nel 1958 l'inserimento di tre tubi di collegamento cilindrici nella cavità del mattoncino consente incastri saldi, stabilità e forza di assemblaggio aprendo la porta a costruzioni inedite e nuove possibilità di combinazione -, al fatto che i mattoncini sembrano soddisfare un nuovo bisogno sociale, un desiderio di ricostruzione diffuso in tutta l'Europa del dopoguerra, che riguarda non solo case, quartieri e città ma anche modelli e relazioni famigliari.

Gli anni Sessanta sono quelli dell'espansione, e dopo Germania, Svizzera, Olanda, Belgio, Austria, Portogallo, Italia, LEGO fa la sua apparizione in Gran Bretagna, America del Nord, Australia, Singapore, Hong Kong, Giappone, Marocco. Sono anche gli anni in cui LEGO, producendo elementi più piatti che consentano di immaginare e realizzare modelli più dettagliati, si propone anche ai professionisti dell'edilizia (architetti, ingegneri, designer, costruttori) e a hobbisti adulti: è il Pilastro LEGO, livelli che dal Sistema nel Gioco per bambini salgono attraverso un prodotto rielaborato e arricchito in una scala diversa come hobby per gli adulti, poi uno rivolto agli specialisti del settore edilizio, fino a una sovrastruttura filosofica attraverso la quale - come spiega Godtfred Kirk Christiansen, figlio di Ole Kirk a lui subentrato - il gioco LEGO del futuro porterà a un cambiamento globale non solo nei modi di progettare e costruire, ma anche nei modi di pensare e di comportarsi in una sorta di spinta evolutiva. Pur non avendo successo le scatole per adulti lanciate nel 1962-63, l'utilizzo di mattoncini più piccoli per costruire oggetti più realistici finisce per arricchire il Sistema LEGO con nuove possibilità.

La fine degli anni Settanta porta alla guida dell'azienda Kjeld Kirk Kristiansen, con l'idea di segmentazione del mercato attraverso un giocattolo basato su un ampio ventaglio di prodotti rivolti a diverse fasce d'età e ai loro diversi bisogni di gioco. Sono gli anni delle Minifigures - vestite da eroi di tutti i giorni: poliziotti, pompieri, dottori, infermiere -, delle linee DUPLO, Città, Castello, Spazio, Technic, di tanti nuovi prodotti e set.

Gli anni Ottanta vedono proseguire l'esplosione del numero di set e il forte impatto delle Minifigures che consentono di combinare il gioco di costruzioni con quello simbolico. E sono anche gli anni della sfida digitale: il nerd informatico Kjeld ha già immaginato che LEGO troverà il suo accesso peculiare alla nuova tecnologia nell'intersezione tra gioco e didattica, i designer dell'azienda lavorano con pedagogisti ed esperti in diverse materie e tipi di insegnamento. Arrivano LEGO Education, LEGO Technic, LEGO DUPLO Mosaic, viene creato un portale dal quale gli insegnanti possono scaricare piani d'insegnamento, e nel 1984 arriva l'incontro con Seymour Papert - che da anni usa i mattoncini LEGO in diversi esperimenti al MIT Media Lab di Boston - e il suo linguaggio di programmazione Logo: accomunati dall'idea che quando costruiscono qualcosa con le proprie mani i bambini costruiscono al contempo il loro sapere, che questa forma di apprendimento è importante perché penetra più a fondo nel cervello, Kjeld e Papert sviluppano dei mattoncini LEGO con dei sensori incorporati con cui costruire robot, gru e veicoli comandati da un computer tramite il programma Logo, sviluppano un software per i modelli della linea Technic (LEGO TC, Technic Control). La LEGO Vision  che Kjeld porta nell'azienda è sintetizzata dalle idee di creatività, fantasia, entusiasmo, spontaneità, curiosità - valori il cui collante è il divertimento -, dalla concezione di una forza propulsiva del gioco quale esplorazione della realtà, dal legame tra giocare e imparare: Gioco, posso fare tutto. Nulla è vietato, creo il mio mondo, organizzo il caos, mantengo l'equilibrio fino a che penso che si possa mantenere, gioco a fare che il mondo esiste, è questo il mio gioco.
Anche il romanzo di Douglas Coupland Microservi (1995), che racconta di un gruppo di amici nerd informatici che da bambini giocavano tutti con i mattoncini di plastica, sembra muoversi nella stessa terra di confine tra gioco e informatica di Seymour Papert: Credo che sia sensato affermare che il LEGO è uno strumento di modellazione tridimensionale molto potente e che rappresenta un linguaggio in se stesso. Un'esposizione prolungata a qualunque linguaggio, visuale o verbale, altera di sicuro il modo in cui un bambino percepisce il suo universo.

Dopo anni di successo, però, subentra l'inerzia: invece di pensare in modo nuovo e diverso, si continua a fare sempre la stessa cosa e i capi dell'azienda si trasformano in creature lente e rigide - rinoceronti, come nell'opera teatrale di Eugène Ionesco - che non osano avventurarsi fuori dal branco e non fanno altro che trascinarsi avanti chiassosamente. Negli anni Novanta il mercato si sposta dal giocattolo tradizionale all'intrattenimento digitale, i modelli di gioco moderni cancellano i confini tra bambini, teenager e giovani, con i primi che rappresentano il gruppo di consumatori che invecchia più velocemente: kids are getting older younger, i bambini invecchiano più giovani. LEGO, come tutti i produttori di giocattoli, deve condurre un'ardua lotta per non restare indietro nella concorrenza impari con l'industria dei videogiochi e dei film, che occupano la maggior parte del tempo libero dei bambini. Per la prima volta nei sessantasei anni della sua storia, nel 1998 la LEGO conosce delle forti perdite. Inizia un periodo di zig-zag, al deficit del 1998 seguono i buoni profitti del 1999, profitti più modesti nel 2000-01, grosse perdite nel 2002-04: la causa di questo sviluppo instabile va ricercata in un successo dettato dalle mode - Star Wars e Harry Potter - che non ha però generato interesse e vendite per i prodotti più basilari. La fascia di consumatori che registra però una crescita è quella degli AFOL (Adult Fans of LEGO): i costruttori hobbisti adulti rappresentano una comunità in continua espansione. LEGO sceglie di dare voce a tali fan/consumatori, di puntare sull'attività che tali utenti svolgono e che arricchiscono l'esperienza che si può avere manipolando i set base.

Il bilancio dal 2005 torna positivo e ancora nel 2021 conosce un bilancio da record. Uno dei simboli della nuova eredità LEGO è la costruzione della LEGO House (2017), che trasforma la filosofia dell'azienda e del suo prodotto in un edificio. Nel piano interrato, una Memory Lane; nei piani superiori, quattro zone legate dall'apprendimento attraverso il gioco: rosa (creatività, il gioco libero), blu (sviluppo cognitivo, risoluzione di problemi e sfide), verde (abilità sociali, un universo popolato di personaggi e storie) e gialla (sviluppo emozionale, espressione dei sentimenti); all'ultimo piano, una galleria dei capolavori, dove è esposta una selezione di opere d'arte LEGO realizzate dagli AFOL di tutto il mondo; al centro, dal pavimento fino al soffitto, s'innalza un albero di quindici metri, fatto di milioni di mattoncini, chiamato Albero della creatività.

giovedì 30 gennaio 2025

europa medievale

Il classico dei giochi da tavolo, Catan, in una veste diversa, con una nuova ambientazione, quella dell'Europa Medievale. Le prime grandi imprese commerciali inviano i propri mercanti in lungo e in largo per l’Europa dell'epoca per portare le merci dove servono. Si arricchiscono grazie ai prodotti dei territori circostanti, fondano nuovi empori in cui vendere e reclutano nuovi mercanti. Questi primi uffici commerciali e i magazzini pieni di merci possono essere collegati solo grazie a nuove strade e alle carovane.
C’è da arricchirsi, ma solo se si riesce a battere sul tempo i concorrenti. Solo chi riuscirà a rifornire di merci le città e aprirà tutti i suoi empori per andare incontro alla domanda crescente diventerà un magnate del commercio. Solo chi saprà destreggiarsi tra le infinite scelte di questo gioco, potrà vincere.


Si tratta di un gioco di civilizzazione, negoziazione ed esplorazione, basato su meccaniche quali il lancio di dadi (per determinare quali territori producono e se entrano in azioni i briganti), lo scambio di risorse e materie prime (grano, lana, sale, legno, minerali), la costruzione di reti e percorsi (di strade per le carovane, e la costruzione di nuovi empori da parte di mercanti ingaggiati e inviati a esplorare nuovi cammini).
Ci vuole strategia, ma è comunque un gioco da tavolo per famiglie.

A scuola, nel nuovo laboratorio realizzato come Game Design Lab, lo abbiamo fatto provare a una classe prima, che nello studio disciplinare di diritto ed economia stava appunto affrontando il tema del mercante medievale.



sabato 31 dicembre 2016

letture di dicembre + top 5 del 2016

Solo un po' di saggistica per questo mese.

I saggi di teoria politica di Carl Schmitt raccolti in Le categorie del "politico", due testi di Roberto Esposito - Immunitas e Bios -, il saggio sulla Tortura di Donatella Di Cesare, i contributi per La scuola ai tempi del digitale raccolti e curati da Vittorio MidoroFrancis Bacon e l'ossessione di Michelangelo, di Luigi Ficacci.

Con la ripromessa, il buon proposito, di leggere più narrativa per l'anno nuovo, segnalo anche la top 5 dei libri letti nel 2016:

1. Murakami Haruki, L'uccello che girava le viti del mondo - Finalmente portata a conclusione anche la lettura dell'ultimo grande romanzo di Murakami Haruki che mi mancava, e il suo surrealismo kafkiano in cui tutto è insieme assolutamente improbabile e perfettamente coerente ha sempre il suo fascino.

2. Dave Eggers, I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?  - Un testo di interrogatori filosofici su i miti d'oggi, la legge e la giustizia, l'educazione e la natura, le istituzioni e la libertà.

3. Richard Flanagan, La strada stretta verso il profondo Nord - La bella storia di un uomo, un medico e soldato fatto prigioniero durante la seconda guerra mondiale, che si rifiuta di smettere di aiutare la gente a vivere: non è un buon chirurgo, né una bella persona, ma non smette di fare ciò che può e deve.

4. Julia Kristeva, I samuraiUna sorta di sequel de I mandarini di Simone de Beauvoir: la generazione degli intellettuali francesi tra gli anni Sessanta e Ottanta non sono tanto detentori del sapere e del potere culturale entusiasti del loro impegno quanto piuttosto guerrieri che considerano la vita come un'arte marziale, la scrittura come un atto di piacere e di guerra insieme: poesia, gioco di sciabole o calligrafia, ogni arte è un'arte marziale in cui ci si mette a morte per rifarsi un nuovo corpo, una nuova forma. Bellissimo romanzo, e romanzo d'amore: "Sono insieme perché sono separati. Chiamano amore questa mutua adesione alla propria rispettiva indipendenza. Questo li ringiovanisce, sembrano adolescenti: addirittura bambini. Che cosa vogliono? Essere soli insieme. Giocare da soli insieme, e a volte passarsi la palla, tanto per dimostrare che in quella solitudine non c'è dolore".

5. J.K. Rowling/Robert Galbraith, La via del male - Si conferma ottima la lettura delle indagini di Cormoran Strike, il nuovo splendido personaggio - e notevole anche la caratterizzazione degli altri protagonisti, comprimari e comparse di questa serie di thriller - di J.K. Rowling (o Robert Galbraith che dir si voglia), che anche con La via del male si è dimostrata veramente e sorprendentemente capace di reinventarsi e trovare nuove strade di scrittura, evitando di rimanere prigioniera di quel capolavoro che è stata la saga di Harry Potter.

sabato 3 dicembre 2016

letture di novembre

Si conferma ottima la lettura delle indagini di Cormoran Strike, il nuovo splendido personaggio - e notevole anche la caratterizzazione degli altri protagonisti, comprimari e comparse di questa serie di thriller - di J.K. Rowling (o Robert Galbraith che dir si voglia), che anche con La via del male si è dimostrata veramente e sorprendentemente capace di reinventarsi e trovare nuove strade di scrittura, evitando di rimanere prigioniera di quel capolavoro che è stata la saga di Harry Potter.

Finalmente portata a conclusione anche la lettura dell'ultimo grande romanzo di Murakami Haruki che mi mancava, L'uccello che girava le viti del mondo, e il suo surrealismo kafkiano in cui tutto è insieme assolutamente improbabile e perfettamente coerente ha sempre il suo fascino.

Interessante sia sotto il profilo letterario sia sotto quello storico l'immersione nelle vie e tra la gente della città partenopea proposta da Matilde Serao ne Il ventre di Napoli.

Non entusiasmante il romanzo breve o racconto lungo di Valerio Evangelisti Gocce nere.

Per un aggiornamento didattico, qualche spunto di riflessione e operativo interessante lo offre il volumetto Storytelling digitale a scuola di Nicoletta Di Blas, per uno disciplinare, invece, Il mercante dall'antichità al Medioevo di Andrea GiardinaAron Jakovlevic Gurevic.

giovedì 23 giugno 2016

infilzato dall'allievo

Dal considerare un maestro come una meta, un fine, un arrivo, si deve essere preservati dalla sequenza di tre termini, gesti, momenti, che nelle arti giapponesi tracciano il cammino dall’apprendistato alla maestria.
Shu, difendere, proteggere, custodire: osservare, conoscere, amare i modelli espressi dal maestro. 
Ha, rompere, spezzare, distruggere: colpire con il martello, tagliare con la katana.
Ri, lasciare, abbandonare, liberare: separazione ingrata, dare nuova forma e nuovo stile. 
La dinamica dell’apprendere è quella di un duello: il maestro deve essere affrontato, unico motore possibile per la crescita dell’allievo. L’allievo deve essere in tensione verso la formazione di sé, verso la costruzione di un suo proprio stile. Solo quando è infilzato dall’allievo il maestro ha avuto successo. Il maestro non deve essere pastore, né l’allievo gregge, ma qualcosa di diverso, totalmente.

(Filosofare con la katana. Nietzsche reboot)

martedì 14 giugno 2016

tre competenze per cui si ha bisogno di educatori

A scuola è tempo di imparare a programmare per competenze, ecco allora le tre competenze per insegnare le quali si ha bisogno di educatori: allargare il buco del culo, danzare, forgiare. 
Sembra che nel linguaggio tipico delle canaglie giapponesi su due ruote – che possono rivelarsi grandi insegnanti – avere il buco del culo piccolo sia un modo di dire, forse crudo, che significa essere meschino. Quindi la prima competenza è la generosità, la nobiltà del disinteresse e dell’ospitalità: sospendere il giudizio, che discrimina l’ostile, l’estraneo, il nuovo, imparare a aprirsi alla conoscenza, alla comprensione, all’assenso. Questa generosità riempie, colma il fondo degli occhi di unicorni e draghi di fuoco, castelli e isole. Questa generosità restituisce futuri più ricchi, garantisce un vero avvenire, eventi a venire.
Seconda competenza, insegnare a danzare, e che i fremiti dei piedi leggeri si riversino e diffondano per tutti i muscoli, sciogliendone la rigida imbranataggine, fino anche a quella di una goffa mano, fino a avere dita buone per le sfumature, per l’arte di piegare la carta e ottenere da un piano foglio gru che sbattono le ali distese e rane pronte al salto – ancora, unicorni e draghi. Insegnare a danzare con i piedi, con le idee, con le parole, con la scrittura. Danzare, finché c’è musica, senza fermarsi né chiedersi perché o che significhi, senza bloccare i piedi – piedi leggeri, nudi, sciolti, liberi. Senza fermarsi, danzare anche se si può sembrare stupidi, un passo dopo l’altro continuare a danzare, senza avere paura, finché i piedi non siano più leggeri e sicuri. Danzare, danzare, danzare – e bene, con maestria, con grande stile. 
Terza competenza, forgiarsi un’arma o un’armatura: colpisce forte il martello, risuona limpido l’acciaio, rosso e ardente, sempre più duro. Di esso fare la corazza della propria marca e la katana rifinita con la bellezza e l’eleganza di uno stile singolare.

(Filosofare con la katana. Nietzsche reboot)

martedì 8 gennaio 2013

insegnare, perdonare

Probabilmente si insegna sempre per farsi perdonare.
(Jacques Derrida, Perdonare)


sabato 26 novembre 2011

ragazzi terribili

More about I ragazzi terribiliDue volte al giorno però, alle dieci e mezzo del mattino e alle quattro del pomeriggio, il silenzio è turbato da una sommossa. Infatti il piccolo liceo Condorcet apre le sue porte di fronte al 72 bis di rue d'Amsterdam, e gli allievi hanno scelto il cortile come quartier generale. È la loro place de grève. Una specie di piazza medievale, una corte d'amore, di giochi, di miracoli, una specie di borsa dei francobolli e delle biglie, un luogo malfamato dove il tribunale giudica i colpevoli e li giustizia, dove si tramano a lungo quegli scherzi tremendi che poi si consumano in classe e i cui preparativi stupiscono i professori. Perché la gioventù del quinto corso è terribile.
 
(Jean Cocteau, I ragazzi terribili)

lunedì 17 ottobre 2011

prof. logan

domenica 10 luglio 2011

esami finiti

Anche per me sono finiti gli esami di Stato di quest'anno. E ripenso a quelli di due anni fa, i miei primi come insegnante, dall'altra parte della cattedra. Come mi avevano ricordato i miei studenti del quinto di quell'anno «un maestro dovrebbe sempre essere all'altezza degli ideali del proprio allievo» (Naruto, vol. 42, cap. 382), come afferma Jiraya poco prima di morire.

Non potevo che rispondere con Nietzsche.
«L'educatore - non già l'insegnante di liceo e i dotti dell'università... C'è bisogno di educatori che siano essi stessi educati, spiriti superiori, aristocratici, comprovati a ogni istante, comprovati dalla parola e dal silenzio, culture divenute mature, dolci - non dei tangheri addottrinati che il liceo e l'università offrono oggi alla gioventù come fossero "balie di grado superiore"» (Crepuscolo degli idoli).

Qualsiasi cosa scegliate di fare, imparate a farla col martello, o, se preferite, con una katana.

martedì 1 marzo 2011

eroi kantiani

Come ogni anno, agli studenti delle mie classi ho fatto svolgere l'esercizio  - dopo aver letto insieme il brano tratto da I Simpson e la filosofia su Lisa - di illustrare, secondo le categorie dell'etica kantiana, un personaggio a loro scelta dell'immaginario collettivo.
I personaggi più scelti sono stati i supereroi dei comics americani, conosciuti dagli studenti, però, non tanto attraverso i fumetti quanto tramite le loro trasposizioni cinematografiche: Batman, Spiderman, Superman, Iron Man, Hulk.
Al "vincitore", cioè al più scelto, dedico l'immagini di Simone Bianchi.



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